Nell’Asl, un minore su otto vive problemi mentali

Covid, un aiuto per il rischio alla salute mentale

DISAGIO Bambini e adolescenti sono le categorie che, dal punto di vista interiore hanno patito di più le misure messe in atto dal Governo per contenere la pandemia. Per combattere il Covid-19 l’intera società è stata riorganizzata, privando i giovani di spazi e tempi cruciali per il loro sviluppo: un rapporto di Unicef, pubblicato a dicembre, stima che, oggi, le problematiche di salute mentale colpiscono più del 13 per cento degli adolescenti tra i 10 e i 19 anni. Nell’ottobre del 2020 la pandemia aveva interrotto o fermato i servizi critici di salute psichica nel 93 per cento dei Paesi del mondo. Gli organizzatori del convegno, tenuto di recente dalla Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia), hanno sostenuto che, nei primi nove mesi del 2021 si è superato il numero di ricoveri, per disturbi psichiatrici, fra bambini e adolescenti, registrati dagli ospedali della Penisola nel 2019. Fra le principali problematiche ci sono discontrolli degli impulsi, auto lesività, disturbi del comportamento alimentare. Secondo gli esperti «più dell’85 per cento delle ospedalizzazioni sono avvenute in regime di urgenza, per pazienti con quadri clinici sempre più complessi, peggiorati dal ritardo nell’accesso ai servizi, conseguente alla pandemia». In alcune Regioni, un minore su quattro viene ricoverato in un reparto di psichiatria dell’adulto, per la carenza di posti letto nelle sezioni di specialità infantile. I dati aggiornati del problema, nell’azienda sanitaria di Alba e Bra non sono disponibili, ma la situazione racconta di come il Covid-19 abbia soltanto funzionato da amplificatore di condizioni preesistenti: i pazienti in carico al servizio territoriale di neuropsichiatria infantile – nella sola fascia d’età compresa tra i 16 e i 18 anni – per diagnosi di disagio psichico, nel periodo 2019-2020, erano 101, pari al 23 per cento di tutti i minori assistiti. Nel 2019, i pazienti in carico al reparto specialistico erano 2.294, cioè il 12,6 per cento della popolazione che, nell’intero comprensorio, ha un’età compresa fra zero e 18 anni. A conti fatti un minore su otto viveva difficoltà sufficientemente gravi da attivare una presa in carico del servizio pubblico. Spiega Elisa Colombi, responsabile della neuropsichiatria infantile nell’Asl Cuneo 2: «La situazione di allarme, più volte segnalata dagli specialisti nazionali e mondiali, era già in atto prima della pandemia, ma si è aggravata per i “traumi sociali” conseguenti». E aggiunge: «Per intervenire abbiamo bisogno di adulti consapevoli dei punti di forza, ma anche delle fragilità che questo periodo storico porta con sé. Servono persone autorevoli che traccino sentieri e si facciano carico della complessità dei nostri adolescenti, stando accanto a loro in prima persona, condividendo ansie e paure, ma anche la fiducia di poterle affrontare». Sul tema legami interpersonali aggiunge: «Agli adulti deve essere chiaro che si vince solo insieme, per questo occorre creare una “comunità educante”, realtà nella quale rientrano genitori, nonni, coetanei, scuola, parrocchie, oltre ad associazioni sportive ed enti sanitari e sociali non solo a carattere pubblico ma anche privato. Dobbiamo condividere le risorse di ognuno per dare vita a una rete di prevenzione e cura: la ricchezza più preziosa per una comunità che lavora per proteggere e sostenere il proprio futuro».

Il Covid ha chiuso un centro su 5 di salute mentale

Sara Elide

La valigia di Arlo sostiene i ragazzi nella scelta di un percorso di vita

La difficoltà, sovente, si associa, a livello culturale, alla vergogna o al senso di colpa; sollecita vissuti di inadeguatezza e senso di fallimento. Quanti sperimentano sofferenze dovrebbero, invece, essere considerati persone in viaggio, individui  che conservano la capacità di sentire. Il loro dolore racconta storie di libertà sequestrate e ingiustizie subite, ma allo stesso tempo il desiderio di una rinascita. Queste linee “filosofiche” sono state seguite dal progetto La valigia di Arlo, ideato da numerosi enti, fra cui le cooperative sociali Emmaus e Alice, l’azienda sanitaria locale di Alba e Bra, le associazioni Pons e Diapsi. Si rivolge a ragazzi tra i 16 e i 24 anni, ed è sostenuto dalla fondazione Compagnia di San Paolo. L’obiettivo del percorso, iniziato a maggio del 2021, è di trovare strumenti adatti per permettere, ai giovani, di esprimere le proprie potenzialità e nuovi modi di vivere il mondo interiore, in un periodo storico denso
di incognite. Attività come il movimento corporeo, la scrittura creativa, il teatro, la registrazione e produzione musicale, la fotografia, il canto, le attività agricole, di sartoria e artigianato, i viaggi di gruppo sono state create in base alle esigenze della singola persona, le sue preferenze e particolarità. Il ragazzo, insieme all’operatore di riferimento, sceglie il proprio percorso, lo allestisce nel tempo sulla base di obiettivi. La valigia di Arlo prevede anche un itinerario per le famiglie dei giovani coinvolti: si privilegiano le possibilità di confronto, per concedere spazio alle emozioni e creare un luogo di apprendimento e ascolto, utile a migliorare la gestione della vita quotidiana. A oltre sei mesi dall’avvio, questa iniziativa ha cominciato ad accogliere i primi adolescenti e i loro familiari. Sono stati attivati gruppi di arte e musicoterapia, attività individuali e percorsi socializzanti. È la persona che viene seguita a scrivere, con il supporto dell’operatore, il proprio progetto di sviluppo, identificando bisogni e desideri, inclinazioni e predilezioni. Il periodo “critico” di vita diventa, così, un’opportunità per rigenerarsi e trasformare sé stessi, un terreno su cui impostare nuovi tragitti evolutivi. Quanti volessero conoscere i dettagli o ottenere maggiori informazioni sui percorsi possono scrivere ad arlo@progettoemmaus.it.

s.r.

Il Covid-19 ha sconvolto la socialità giovanile

Nell’Asl, 1 minore su 8 vive problemi mentaliCon Elisa Colombi, responsabile del servizio di neuropsichiatria infantile dell’azienda sanitaria di Alba e Bra cerchiamo di comprendere la situazione delle persone in difficoltà, nel nostro areale.

Quali sono le principali problematiche, per i minori, in questo momento?

«Il periodo storico sta segnando, in negativo, non solo adolescenti e giovani, ma anche le loro famiglie: temiamo che questa fase di difficoltà e sofferenza possa protrarsi nei prossimi anni. L’allarme lanciato da specialisti nazionali e mondiali, era già realtà prima della pandemia ma si è aggravato ulteriormente. Viviamo in un mondo dai confini incerti e confusi, lontano da concetti come responsabilità e consapevolezza, immersi nella società dell’immagine e dei social, nella quale la fragilità è sì rifuggita, ma anche pubblicizzata. I nostri adolescenti sono sempre connessi, mai soli ma, allo stesso tempo, forse, troppo soli».

Nel futuro immediato prevedete miglioramenti o peggioramenti nella situazione di disagio, sperimentata dagli adolescenti?

«La pandemia, sospendendo le attività ludiche ricreative e sportive, i laboratori e le attività extrascolastiche e i momenti sociali in genere (dentro e fuori dalla scuola)
ha ridotto la possibilità di esperienze “reali” per gli adolescenti: momenti di socializzazione e apprendimento di dinamiche interpersonali. Si trattava di spazi di sperimentazione di sé, nei quali mettersi in gioco con la propria fragilità e, oltrepassandola, allenare il proprio senso di efficacia. Le interruzioni hanno ostacolato così il normale processo di evoluzione e di spinta motivazionale dell’adolescenza (in particolare in alcune categorie più fragili). Si sono innescate situazioni di malessere, e accentuate problematiche non risolte e nuovi disagi o si sono peggiorate quelle già in essere. È aumentato il senso di solitudine così come i disturbi del sonno e le forme di somatizzazione, le situazioni di dispersione o abbandono scolastico. Sono emerse anche patologie più gravi di “attacco al sé corporeo”: si tratta di malattie del comportamento alimentare, atteggiamenti autolesivi e ideazioni suicidarie».

Come fare per stare vicino a chi soffre, evitando loro la marginalizzazione e l’insorgere di problematiche patologiche?

«In questi due anni, accanto alle emergenze, abbiamo conosciuto anche la resilienza dei giovani, la loro creatività, la voglia e capacità di ritrovarsi e risollevarsi da situazioni difficili: le risorse tecnologiche li hanno sostenuti nelle attività quotidiane. I nativi digitali, hanno grandi risorse, voglia di stare insieme in modi nuovi e fornire il loro apporto per realizzare un mondo più sostenibile e vero. Dobbiamo vedere le loro potenzialità farle fiorire e renderli consapevoli della loro ricchezza. Il compito attende tutto il nostro sistema educativo e va ben oltre la pura didattica e le competizioni».

s.r.

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