Ucraina e Russia. Aldo Ferrari (Ca’ Foscari): «Se non si tratta il rischio guerra c’è e aumenta»

Ucraina e Russia. Aldo Ferrari (Ca’ Foscari): «Se non si tratta il rischio guerra c’è e aumenta»

Riprendiamo dal Sir, agenzia di informazione l’intervista a Aldo Ferrari docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore le programma di ricerca sulla Russia, Caucaso e Asia centrale dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) di Milano.

CRISI «Purtroppo, se non si arriva a trattare, il rischio di un conflitto c’è e aumenta. Le guerre si scatenano perché si pensa di poterle vincere o perché fatto il conto dei danni e dei guadagni vale la pena farle. Razionalmente sia per la Russia che per l’Occidente, questa condizione non c’è. Però nella storia esiste anche la dimensione dell’irrazionale e il discorso ieri sera di Putin era un discorso preoccupante. L’ho seguito in russo e ho potuto notare quanto il tono del linguaggio fosse rigido, gelido come di qualcuno che avesse una rabbia trattenuta. Iniziare a parlare rivendicando che l’Ucraina è parte della Russia, è un atteggiamento che non lascia preludere buone notizie”. Aldo Ferrari dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore delle ricerche su Russia, Caucaso e Asia centrale dell’Ispi, segue con preoccupazione l’evolversi della situazione in Ucraina dopo che ieri sera dopo una giornata di contatti e colloqui frenetici con Parigi e Berlino, Vladimir Putin ha annunciato in tv il riconoscimento delle due Repubbliche separatiste filorusse del Donbass ucraino, Donetsk e Lugansk.

«La Russia ha posto delle richieste all’Occidente e nessuna di queste richieste è stata accettata», dice l’esperto dell’Ispi.

«Era prevedibile che facesse qualcosa per mostrare sia all’esterno sia all’interno e cioè ai propri cittadini che la Russia è forte e può ottenere dei risultati. C’era solo da chiedersi che tipo di mossa avesse fatto».

Come la interpreta, professore?

«È la mossa per ora tutto sommato meno grave e dirompente. Un fatto giuridicamente grave ma che all’atto pratico non provoca vittime, almeno al momento. Se tutto si fermasse qui, sarebbe – pur nella gravissima situazione che si è creata – l’opzione preferibile. Gli scenari peggiori sono altri».

Quali?

«Che questo sia soltanto non il punto di arrivo della crisi ma una fase intermedia dopo la quale scatterebbero varie reazioni. Da parte occidentale, a livello di sanzioni. Da parte russa invece fare a questo punto un’ulteriore mossa in direzione non tanto di Kiev con un’invasione verso il cuore dell’Ucraina ma in una parte più limitata verso Est, per congiungere i territori secessionisti del Donbass alla Crimea. Ma sarebbe in questo caso una vera e propria invasione dell’Ucraina alla quale l’Ucraina risponderebbe con tutte le sue forze».

E potrebbe succedere?

«Razionalmente direi di no, perché quello che è avvenuto nel Donbass può essere considerata un’azione razionale. Si ottiene un risultato modesto ma importante soprattutto in politica interna e senza vittime. Un’invasione vera e propria sarebbe irrazionale. Non che nella storia non avvengano cose irrazionali ma voglio sperare che la Russia non vada oltre perché non solo si porrebbe in un conflitto internazionale, militare e diplomatico con l’Occidente ma ne avrebbe un vantaggio limitato».

Putin la sua mossa l’ha fatta. Quale scenario si apre dall’altra parte?

«Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non ha grandi mosse da fare. L’Ucraina è troppo debole per opporsi alla Russia e non ha grandi margini di manovra».

Però ha militari lungo la linea del Donbass?

«Se l’Ucraina, a questo punto attaccasse, con la presenza ufficializzata delle forze russe nel territorio presentate come forza di peacekeeping, sarebbe per Mosca una dichiarazione di guerra e a quel punto Mosca risponderebbe da aggredito e non più da aggressore».

Indietro non si può tornare

E allora a questo punto come si può tornare indietro?

«Indietro non si può tornare. Attenzione però, la storia anche recente mostra che le sanzioni sono armi inefficaci. Esasperano le situazioni, fanno danno un po’ all’economia russa e molto all’economia italiana e tedesca e sono politicamente inefficaci. La via di uscita da questa situazione potrebbe essere una sola: vale a dire l’apertura di una nuova fase diplomatica dove però si vada da una parte e dall’altra alla ricerca di un compromesso».

Il compromesso in questa fase delicatissima come si trova?

«Evitando da entrambe le parti gli oltranzismi. La Russia fa una politica estera, tradizionale, ottocentesca, brutale ma ha una sua logica, segue degli interessi geopolitici che sono molto chiari e il suo interesse primario in questo momento è sicurezza e quando dice che la Nato ai suoi confini è una minaccia alla sicurezza nazionale, è vero. L’Occidente mescola invece in maniera micidiale la retorica della democrazia con una politica di espansione che prescinde dalla democrazia stessa».

Quindi a questo punto quale via di uscita?

«Arrivare a una neutralizzazione dell’Ucraina per consentire la costruzione di una architettura complessiva e stabile della pace e della sicurezza in Europa. Questa soluzione però non viene neanche presa in considerazione e i margini di dialogo sono inesistenti».

Lo scenario della guerra è reale?

«Purtroppo, ripeto, se non si arriva a trattare, il rischio c’è e aumenta. Quello che l’Occidente non deve fare è continuare sulla strada della totale indifferenza alle ragioni della Russia. La Russia ha delle ragioni che devono essere ascoltate e prese in considerazione. E sue queste ragioni trattare. Ma anche la Russia deve concedere qualcosa».

M. Chiara Biagioni, Sir

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