Testimonianze. Diana, che Alba ha accolto con fiori, sorrisi, solidarietà

Su Gazzetta abbiamo deciso di dedicare uno spazio alle immigrate in Alba e dintorni che hanno scelto di svelarsi, con le loro esistenze che superano le barriere geografiche, culturali e linguistiche.

IL RACCONTO «È quando torni nel tuo Paese e incontri le tue amiche, specialmente quelle più strette, che ti accorgi di aver avuto un cambiamento. In quel momento rifletti e ti rendi conto di essere un’altra. Si cambia senza accorgersene». Inizia così il racconto di Diana, una donna che nel 2000, all’età di trent’anni, è partita dall’Albania assieme a suo marito e ai suoi due figli piccoli per iniziare una nuova vita in Italia. Un Paese che si presentava ai suoi occhi come la cartolina di un sogno suggerito dalle immagini della Tv, un Paese sviluppato di cui desiderava fortemente far parte.

Testimonianze. Diana, che Alba ha accolto con fiori, sorrisi, solidarietà

Agron, suo marito, era in Italia dal 1991; dopo essere stato in un campo profughi era arrivato prima in Piemonte e, successivamente, ad Alba. Anni di vita coniugale divisa tra due Stati e la nascita del secondo figlio spingono la coppia a chiedere il ricongiungimento familiare; Diana si prepara per il cambiamento studiando tutti i giorni l’italiano, speranzosa di essere ben accettata nella sua nuova città: Alba.

«Quando sono arrivata ad Alba era tarda sera; non mi sarei mai aspettata di trovare i miei nuovi vicini di casa sui balconi, pronti ad accogliermi con sorrisi, un mazzo di fiori e dei giochi per i miei figli. Un bel ricordo che porterò sempre nel cuore», dice Diana. Tutto il condominio si era organizzato per garantire un’ottima accoglienza alla nuova famiglia, aiutando la coppia ad arredare l’alloggio con mobili di seconda mano e supportando Diana a orientarsi nel nuovo contesto cittadino.

«Sono arrivata in Italia con il sogno di diventare una grande sarta, poiché in Albania avevo frequentato una scuola di sartoria e lavorato per anni in alcuni atelier. All’inizio del mio nuovo percorso in Italia ho cucito poco, perché dovevo dedicarmi ai miei figli; ho avuto difficoltà economiche, ma ero sostenuta da qualcosa che non avrei mai immaginato d’incontrare».

Nonostante i suoi genitori fossero cristiani ortodossi, nel Paese vigeva il divieto di culto. Nel 1967 l’Albania si dichiarò il primo Stato ateo al mondo, di conseguenza le nuove generazioni furono educate all’ateismo e solo nel 1990 fu ripristinata la libertà di culto. In Italia Diana, che fino a quel momento aveva vissuto la preghiera e la religione come tabù, comprende che cosa significhi essere libera di credere, scoprendo un’ulteriore comunità di cui sentirsi parte.

Storie di donne di paesi lontani

«Sostenuta anche da questa nuova forza interiore ho continuato a cucire e pian piano il lavoro è arrivato. Ho iniziato a lavorare per alcuni negozi e per uno stilista, realizzando abiti arrivati addirittura sulle passerelle di Parigi. Un giorno, mentre guardavo i vestiti delle modelle che sfilavano per un evento nel centro di Alba, ero quasi incredula di averli cuciti io. Stavo realizzando i miei sogni in Italia».

Nel racconto di Diana sembra che la parola più ricorrente sia “libertà”, di confrontarsi con una nuova cultura sentendosi accolta, apprendendo e trasmettendo, un messaggio descritto bene dalle sue parole: «Dove c’è sviluppo e confronto c’è possibilità di crescita. Solo se esci fuori dal guscio inizi a imparare».

g.d.c.

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