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Fredo Valla e l’eresia dei catari

Fredo Valla e l'eresia dei catari
Da sinistra il regista di Sampeyre Fredo Valla e Walter Porro, autore della colonna sonora

ALBA Il regista di Sampeyre Fredo Valla è stato – venerdì scorso – al cinema Moretta per la proiezione di Bogre, sua ultima fatica cinematografica. Un lavoro imponente: duecento minuti, cinque lingue (italiano, francese, occitano, bulgaro e bosniaco) e un’accurata ricerca storica per indagare l’eresia catara e bogomita viaggiando attraverso l’Europa.

Bogre, termine dai molti significati. Perché è partito da questa parola?
«In tutta l’area linguistica occitana, la parola, che letteralmente significa bulgaro, ha assunto diversi significati. Il più comune identifica un uomo da poco, non affidabile. Addirittura, a volte, un sodomita. In italiano si è sviluppato il verbo buggerare. In passato fu anche usato per identificare i seguaci dell’eresia catara. Con il tempo tale accezione si è persa, mio padre non la conosceva di sicuro. Le riprese iniziano proprio dalla Bulgaria, dove è nata questa storia quasi del tutto cancellata. Ho voluto realizzare un film sul libero pensiero: essere eretico significa scegliere».

Che diffusione ebbero catari e bogomiti?
«Il movimento si espanse dai Balcani all’Europa centrale dei principati germanici. In seguito, da Costantinopoli, le idee viaggiarono via mare e approdarono in Italia settentrionale e nel Midi francese, dove acquistarono maggiore forza. All’epoca di Dante si dice che il trenta per cento di Firenze fosse catara. Nelle Langhe, a Monforte, la vicenda si chiude con il rogo degli eretici a Milano, nella zona dell’attuale corso Monforte, nel 1028. Tra gli altri centri abbiamo Roccavione, Acqui e Chieri. La grande diffusione nel resto della Penisola si ebbe solo alla fine di quel secolo. L’eresia resistette in Italia fino verso la fine del Trecento e scompare definitivamente in Bosnia nel Quindicesimo con l’arrivo degli Ottomani».

A cosa fu dovuto un tale successo?
«Bogomiti e catari si svilupparono partendo da una domanda: se Dio è buono, come può consentire il male? Come risposta fu elaborato un pensiero cristiano dualista: tutto ciò che è buono, pietoso e spirituale, allora è creazione di un Dio che ci vuole ricongiungere a lui. La materia, deperibile, viene da un Dio malvagio che cerca di trattenerci e può assumere le sembianze di demiurgo, satana, angelo caduto e altre. Non essendo religioni codificate, ogni comunità rispondeva con sfumature diverse. Difficile capire per noi, uomini moderni laicizzati, l’ossessione dei medievali per la salvezza eterna. Eresia, dal concilio di Nicea in avanti, fu tutto ciò che si discostava dai canoni. La differenza con valdesi, calvinisti o anche Francescani, riguarda l’intento: non si voleva ritornare alla Chiesa delle origini, bensì mettersi in contrapposizione. Si dicevano gli eredi degli apostoli, chiamavano i rappresentanti della Chiesa corrotti e impostori. Per questo furono perseguitati con più forza. Addirittura, dal 1209 al 1229 si tenne l’unica Crociata di cristiani contro cristiani, quella degli Albigesi. Albi era un centro dell’eresia catara, in un’Occitania all’epoca ricca culturalmente: alla guerra il Papa mandò i rozzi baroni del Nord della Francia. Un po’ ciò che accadde con i conquistadores spagnoli, figli cadetti delle regioni più povere. Per entrambi, il pontefice promise la salvezza eterna».

Attraverso quali fonti sono state effettuate ricerche sui catari?
«I libri dottrinali sono quasi tutti scomparsi, a parte qualche raro caso. Le informazioni si evincono da testi di parte avversa, spesso scritti dagli inquisitori. Essi erano, in molte occasioni, catari convertiti, che possedevano le conoscenze del fenomeno e lo potevano reprimere in maniera più efficace».

Lei si definisce militante occitanista. In che stato di salute versa la lingua d’oc?
«Nel Medioevo l’occitano influenzò, con i trovatori, la letteratura di tutta Europa. I principati provenzali erano luoghi di grande cultura, magnificenza e mecenatismo. I principi sapevano tutto, tranne come fare la guerra. Il Midi divenne parte della Francia e, nel 1550, il re proibì l’uso dell’occitano nei documenti pubblici. Ora sopravvive ma la situazione non è florida. Nel 1904 Frederic Mistral, scrittore in lingua occitana, vinse il Nobel per la letteratura: a ispirare le sue opere fu anche una mia prozia, emigrata da Sampeyre, di cui pare si invaghì. Nelle valli occitane italiane noto che molti giovani ne stanno riprendendo l’uso, mentre a Guardia Piemontese, in Calabria, si parla un occitano con influssi regionali».

Davide Barile

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