Affido: decine di ragazzi attendono una famiglia che li sostenga

Affido: decine di ragazzi attendono una famiglia che li sostenga 1

INFANZIA Ci sono i legami affettivi, le difficoltà create da una società diseguale ma anche i rimedi all’esclusione che provoca: le famiglie affidatarie sono un’ancora di salvezza per chi è in difficoltà. La storia di una giovane albese lo dimostra: è una ragazza sola, la vita l’ha privata di possibilità e fiducia verso il futuro. In questo grigiore l’amore per il figlio la aiuta ad andare avanti.

La solitudine, però, è il peggior nemico: nel frattempo il bambino cresce assieme alle necessità materiali: scuola, sport, tecnologia. La mamma vorrebbe vederlo felice, ma non ha le forze economiche né persone a supportarla. Nella selva di criticità la giovane trova, però, qualcuno che le mostra un nuovo sentiero: la meta porta a un nucleo “ausiliario” disponibile ad accogliere suo figlio, assieme ad altri, per accompagnarlo nella strada di crescita

I timori della giovane, a questo punto, scompaiono perché c’è chi si offre di alleggerirle il fardello delle fatiche genitoriali. Mamma e figlio potranno vedersi, giocare, crescere e costruire insieme: nulla è cambiato fra loro, solo, oggi, si sperimentano in un contesto familiare più stabile e sicuro.

Nel nostro areale, delle procedure di affido familiare, si occupa il consorzio socioassistenziale di Alba, Langhe e Roero: si tratta di uno strumento pensato per offrire un ambiente affettuoso ai minori, con famiglie in grande difficoltà, per un periodo di tempo limitato o fino all’età adulta. I genitori affidatari consentono così al bambino di proseguire il viaggio verso il futuro.

Spiega Luca Anolli, responsabile dell’area minori del consorzio: «La ricerca di nuovi nuclei affidatari, oggi, è più che mai urgente; non ci sono requisiti prestabiliti: possono offrire la loro disponibilità coppie sposate, conviventi, singole persone, senza limiti di età». L’affido funziona «solo se si lavora insieme per assicurare a bambini e ragazzi un futuro vincente. Gli operatori del consorzio garantiscono vicinanza e sostegno, durante il percorso, agli adulti affidatari, per rendere l’esperienza un’occasione di crescita con significati condivisi».

Precisa Anolli: «Ci sono tanti bambini e ragazzi in attesa di incontrare adulti disposti a sostenerli nel percorso di sviluppo, regalando loro la possibilità di diventare grandi con tutto l’affetto e l’attenzione che meritano. Un gesto importante, al quale chiamiamo anche i lettori di Gazzetta». Per informazioni, si può telefonare al 349-29.28.227.

Matteo Viberti

In Italia ci sono 13.555 giovani dati in affido

INFANZIA La solitudine, la povertà o semplicemente le difficoltà familiari sono, spesso, effetto di un sistema sociale nel quale poche persone detengono la maggioranza delle risorse economiche, mentre la moltitudine è costretta a faticare per ricavare un proprio spazio nel mondo. Gli effetti di questo stato di cose si riflettono anzitutto sui bambini, una delle categorie più vulnerabili.

Alcuni dati aiutano a monitorare la fatica dei più piccoli: secondo un report dell’istituto degli Innocenti di Firenze, a inizio 2020 nel nostro Paese erano 27.608 gli infanti collocati fuori dalle proprie famiglie. Con l’avvento della pandemia è presumibile il numero sia aumentato: le restrizioni per prevenire il contagio e le conseguenti difficoltà psicologiche ed economiche hanno costretto molti nuclei familiari a stati prolungati di sofferenza.

Secondo la ricerca, a inizio 2020, erano 13.555 i minori in affidamento familiare, l’1,4 per mille della popolazione minorile residente in Italia, e 14.053 i bambini accolti in servizi residenziali per minorenni. A questa popolazione si aggiungono i minori stranieri non accompagnati, quasi 8mila a fine giugno 2021, in Italia: il 55 per cento in più rispetto alla rilevazione dell’anno precedente.

La maggior parte arriva dal Bangladesh, dalla Tunisia e dall’Egitto. Solo in Piemonte si contano più di 500 bambini non accompagnati, provenienti da oltre i nostri confini. Infine, secondo i dati del Ministero del lavoro, oggi, in Italia risultano quasi 4mila minori privi di famiglia provenienti dall’Ucraina: sono i giovanissimi in fuga dalla guerra.

m.v.

Nel territorio di competenza dell’azienda sanitaria di Alba e Bra ci sono 62 procedure attive per minori. Il 70 per cento di loro ha delle disabilità

INFANZIA Nell’areale di competenza del consorzio assistenziale di Alba Langhe e Roero gli affidamenti diurni di minori, censiti lo scorso anno, sono stati 62. Il 70 per cento dei percorsi ha coinvolto bambini con disabilità: l’obiettivo individuato, al momento dell’affido, era sostenere le famiglie di origine nella gestione del tempo libero, con formule che spaziano dalla presenza degli affidatari alcuni pomeriggi la settimana, all’aiuto nella fascia oraria preserale per arrivare a interi week-end di sollievo. Nel corso del 2021 erano inoltre attive 32 procedure per affidamenti residenziali, una formula basata sul trasferimento temporaneo del minore presso le famiglie disponibili: alcune pratiche sono state avviate in situazioni di emergenza, per permettere ai bambini coinvolti di ricevere delle cure adeguate; altre risultavano già in corso nell’anno precedente. Come spiega il responsabile dell’area minori del consorzio Luca Anolli, «questa tipologia di affidamento si attua nel caso i genitori versino in gravi difficoltà di gestione educativa dei figli o non riescano a seguirne il percorso di crescita. A volte le difficoltà sono connesse a problemi di natura sanitaria o anche giudiziaria degli stessi adulti».

Affido: decine di ragazzi attendono una famiglia che li sostenga
Luca Anolli

La modalità non si esaurisce nel semplice aiuto ma va oltre: «L’affidamento si colloca tra gli interventi che sviluppano una cultura della prossimità e del buon vicinato, per occasioni di supporto reciproco tra gli adulti».

Nel 2021, infine, il consorzio ha seguito il percorso di 19 minori inseriti in presidi residenziali; quattro di loro sono tornati in famiglia: «In questi casi l’intervento era necessario per sollevare i nuclei d’origine da un carico di cura elevato, legato a specifiche caratteristiche sanitarie e comportamentali dei figli, oppure da situazioni di difficoltà familiare, vissute da minori che non erano pronti o compatibili con un intervento di affidamento», commenta Luca Anolli.

m.v.

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