Ultime notizie

Solo in Piemonte ventimila persone chiedono ospitalità (INCHIESTA)

In marcia i migranti chiedono più integrazione e meno sfruttamento 1

MIGRANTI «Sono in zona da molto tempo, ma arrivo dal Marocco. La mia famiglia è rimasta laggiù e io spedisco i soldi che posso. Lavoro come manovale, da precario, ma non mi lamento. Mi reputo graziato e fortunato». Gli amici lo chiamano Mario, perché ha baffetti che ricordano il noto personaggio dei videogame. L’uomo abita nei dintorni di Alba ed è bene integrato, ma nei primi anni in cui era in Italia ha faticato, affrontando sentimenti di marginalità ed esclusione: «Non mi sono mai sentito “protetto” in modo attivo dalle istituzioni. Ho sempre dovuto cavarmela attraverso reti di conoscenze, chiamando gli uffici per velocizzare la burocrazia, costruendomi rapporti di amicizia e inviando curricula. Sono contento che i profughi ucraini vengano accolti con sollecitudine, ma non posso fare a meno di notare come esista una discriminazione».

Le parole di Mario giungono in un momento storico in cui il mondo sembra zeppo di persone in fuga da guerre e povertà. Il 20 giugno è stata la Giornata mondiale del rifugiato. Ha spiegato monsignor Gian Carlo Perego, presidente della fondazione Migrantes: «Quest’anno il numero dei rifugiati sarà il più alto degli ultimi 50 anni: 100 milioni nel mondo. Le guerre, anche l’ultima in Ucraina con sei milioni e mezzo di rifugiati e altrettanti profughi interni, i 34 conflitti in corso, i disastri ambientali, la fame, la tratta e lo sfruttamento stanno costringendo persone e famiglie a lasciare la propria terra per chiedere protezione altrove. Di fronte a questo fenomeno epocale, la politica continua a fare passi avanti, ma anche molti passi indietro».

Solo in Piemonte, secondo gli ultimi dati della Regione, i richiedenti asilo e titolari di protezione sono circa 20mila, lo 0,4% circa della popolazione. Di queste persone, 6mila sono state coinvolte (oppure hanno rischiato di esserlo) in dinamiche di tratta e sfruttamento nel solo triennio 2018-2020.

Ai dati generali bisogna addizionare i numeri derivati dall’accoglienza dei profughi ucraini, che in Regione arrivano a circa novemila. Il fenomeno va a rimpolpare una comunità già insediata nel tessuto sociale piemontese: secondo la relazione annuale pubblicata dall’Ires a metà giugno, nel 2021 gli ucraini erano al settimo posto tra le comunità di origine delle persone straniere in Piemonte. Per quanto riguarda i nuovi arrivi, a differenza di altri rifugiati, le opportunità di accoglienza si sono da subito presentate molto diversificate. Accanto alla disponibilità di strutture dedicate a richiedenti asilo (Cas e Sai, solo in minima parte utilizzate dagli ucraini), alle strutture della Protezione civile e ad alberghi che hanno potuto stipulare convenzioni con la Regione, si è stilato un elenco di famiglie disponibili a ospitare: a fine aprile 2022 erano 4.877 in Piemonte i nuclei candidati, 368 quelli già ospitanti. Specificano i ricercatori Ires: «Alle persone richiedenti la protezione temporanea che abbiano trovato un’autonoma sistemazione è inoltre riconosciuto un contributo di sostentamento una tantum per loro e uno aggiuntivo in caso di figli minori».

In altre parole sembra che per i profughi ucraini sia stato adottato un trattamento preferenziale rispetto a persone provenienti da altri Paesi. Questa implicita discriminazione potrebbe essere alimentata dalla sproporzione di attenzione mediatica riservata all’invasione da parte della Russia piuttosto che alle molte altre dinamiche belliche: il risultato è una marginalità dei rifugiati provenienti da Africa, Asia e altre zone difficili del mondo. Guardando il lato positivo della medaglia, significa che in potenza le pratiche di accoglienza “virtuose” potrebbero essere estese a tutti con facilità, se solo ci fosse l’intenzione politica e organizzativa per farlo.

Il futuro, tuttavia, è denso d’incertezza anche per chi proviene dall’Est Europa. Concludono pertanto i ricercatori: «Lo slancio spontaneistico e volontario da parte di privati e associazioni nell’aiutare le persone in fuga dall’Ucraina ha compor­tato una pluralità che non è facile coordinare per gli enti pubblici. La tenuta dell’accoglienza presso privati e famiglie si misurerà nei prossimi mesi. Un’altra criticità rilevata è la gestione dei casi di gravi disabilità e di disagio psichico, per i quali le strutture dell’accoglien­za standard non hanno le risorse adeguate».

Maria Delfino

Dieci su cento sono immigrati

Secondo la Relazione annuale di Ires, all’inizio del 2021 la popolazione con cittadinanza straniera contava in Piemonte 417.279 persone, circa il 10% dei residenti. Si tratta di individui appena arrivati o residenti da molti anni. Quasi la metà proviene da Paesi europei. Tra i non comunitari il 55% ha un permesso di lungo periodo.

I permessi a termine sono invece rilasciati per il 59,5% per motivi fami­liari, per il 23% per lavoro e per il 12,5% per asilo. A questo grande esercito di persone si aggiungono coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana ma sono nati altrove: in Piemonte, nel 2020, le acquisizioni di cittadinanza sono state 15.660, in risalita rispetto al 2019.

I ricercatori spiegano: «Una persona su cinque è minorenne, un fattore di dinamismo per la società e per l’economia. L’arrivo di persone in età lavorativa potrebbe contribuire a contrastare il calo delle forze produttive del nostro territorio. Si nota poi come il tema di una politica migratoria organica sia assente nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e nella legge di bilancio per il 2022».

m.d.

Lavoratori stagionali ad Alba: container chiusi e don Gigi continua l’impegno

Ci sono 80 posti per l’accoglienza Sai tra Alba e Bra, ma il problema più pesante resta avere una casa

La cooperativa Alice è una delle realtà albesi attive sul tema degli stranieri, con progetti che puntano all’integrazione. Valentina Ambu è la referente per l’area: «La presenza di migranti nella nostra area dipende molto dal periodo. Durante il picco della pandemia c’è stata una battuta di arresto, per poi assistere a un incremento subito dopo; in questo momento siamo quasi a regime».

Come Cis (Compagnia di iniziative sociali), le cooperative Alice e Orso gestiscono la rete di accoglienza Sai tra Alba e Bra, con circa ottanta posti suddivisi tra diversi alloggi. Il Sistema d’accoglienza e integrazione è la rete di cui sono titolari i Comuni, che ne affidano la gestione a diversi enti e cooperative. In provincia, è capofila Cuneo. «In linea con il calendario agricolo e vitivinicolo, è diventato rilevante il fenomeno dell’arrivo dei lavoratori stagionali: come lo scorso anno, si parla di un centinaio di persone, concentrate soprattutto nell’Albese», prosegue Ambu. Con il progetto Rural social act, che ha come capofila a livello nazionale la Cia (Confederazione italiana agricoltori) e una rete di partner, Alice ha portato avanti un monitoraggio sul territorio, per cercare di fare emergere situazioni di sfruttamento lavorativo. «Il progetto si concluderà a luglio ed è durato un anno: ci siamo resi conto di quanto il problema sia presente, anche se è difficile portarlo in luce. I lavoratori stranieri sono facilmente ricattabili ed è molto facile per loro finire imbrigliati in situazioni poco chiare».

A settembre, la cooperativa entrerà a fare parte del progetto interregionale Common ground, finanziato con risorse europee e rivolto al contrasto dello sfruttamento lavorativo a danno dei lavoratori stranieri: «Avrà la durata di 24 mesi e si rivolgerà a tutti i settori nei quali può esistere sfruttamento. Non solo l’agricoltura, ma anche la ristorazione o l’edilizia, dove probabilmente il sommerso è ancora maggiore», conclude Ambu.

Ma l’ostacolo principale per gli stranieri è trovare una casa in affitto, anche per chi ha un contratto di lavoro stabile. Come aggiunge Valentina Ambu, «i proprietari preferiscono mantene alloggi sfitti, piuttosto che locarli a stranieri, per paura di non essere pagati».

Dal 2020, come Cis, la cooperativa Alice ha attivato un sistema di “terza accoglienza”, in collaborazione con la cooperativa La tenda di Fossano: si tratta di una coop edilizia nata negli anni ’90, che recupera il patrimonio non utilizzato, offrendo una soluzione abitativa a persone in condizioni di bisogno. I beneficiari pagano un canone vantaggioso, oltre a una quota per diventare soci. Alessia Mottura è la referente della terza accoglienza per Cis: «Il progetto è rivolto non solo a chi esce dalla rete Sai, ma a chi vive sul territorio e fatica a trovare una casa».

Ad Alba, sono due gli alloggi in cui è partito il progetto, messi a disposizione in comodato d’uso gratuito. Un secondo alloggio è stato attivato a Bra. Fino a oggi, ad Alba, hanno gravitato sul sistema sei persone: «Il progetto ha una durata limitata, un anno al massimo. Oltre al canone, le bollette sono intestate ai beneficiari. La cooperativa, tramite operatori e volontari, garantisce un monitoraggio costante, ma è una forma di affiancamento meno incisivo rispetto a quello del Sai. Per accedervi, vengono individuate persone che hanno una situazione economica stabile, ma a cui serve un aiuto ulteriore. Ad Alba, escluso il Centro di prima accoglienza, non esistono altre soluzioni abitative. Ci piacerebbe attivare altri alloggi, ma ci scontriamo con parecchie porte chiuse. La cooperativa La tenda valuta diverse forme di acquisizione, non solo il comodato d’uso, ma anche l’affitto, per esempio. Può anche svolgere lavori edilizi, in caso di bisogno», conclude Alessia Mottura.

Francesca Pinaffo

Banner Gazzetta d'Alba