ORO BLU Un errore madornale: non usa mezzi termini l’ingegnere idraulico Salvatore Selleri, per bocciare la politica dei piccoli invasi a uso irriguo. Nella realtà cuneese il professionista, oggi in pensione, ha iniziato a operare come progettista nel 1958: «Il fabbisogno agricolo è quantificato nell’ordine di 160 milioni di metri cubi d’acqua, nella sola stagione irrigua», esordisce, «un problema enorme che richiede soluzioni proporzionate. In altre parole solo grandi bacini possono risolvere il problema della siccità».
Una questione già avvertita all’inizio del Novecento (a quel periodo risalgono alcuni progetti pionieristici), quando «si erano avviati studi per uno sbarramento da costruire sul Tanaro nel comune di Isola d’Asti: nelle intenzioni dei proponenti il lago avrebbe dovuto alimentare anche un canale navigabile», prosegue Selleri. La storia recente della materia, nella Granda, è costellata di successi parziali, come il caso della realizzazione del complesso di dighe sul Gesso a Entracque: «L’iniziativa, negli anni Cinquanta, vedeva in lizza, fra le altre realtà, l’Italcementi e la Piemonte centrale elettrica (Pce): a quest’ultima, poi divenuta Enel, la Provincia accordò la precedenza. Venne così realizzato lo sbarramento del Chiotas, che contiene 27 milioni di metri cubi, e il sottostante bacino della Piastra: fui io a suggerire di ampliare quest’ultimo, portando da 6 a 12 milioni di metri cubi la sua capacità», spiega Selleri. All’uso idroelettrico «era stato previsto di affiancare quello irriguo, con la possibilità di derivare oltre cinquemila litri al secondo dal complesso: della clausola, però, non si fece più cenno».
Il caso di gran lunga più noto e oggetto di discussione da decenni, tuttavia, è il lago di Demonte, meglio noto alla cronaca, che l’ha ripreso di recente, come invaso di Moiola: sarebbe «l’unico che potrebbe risolvere i problemi irrigui di tutta la Provincia», riprende il tecnico. Si tratta del progetto di sbarrare lo Stura di Demonte all’altezza dell’ultimo centro, «creando un lago di grandi dimensioni». Il progetto vecchio di mezzo secolo è stato rilanciato di recente dall’amministratore delegato di acqua Sant’Anna Alberto Bertone (che ha sede poco più a monte a Vinadio), causando una nuova levata di scudi dei sindaci di Moiola e Gaiola allagati dal bacino, secondo loro ormai inattuale e progettato su un terreno inadeguato. Una questione delicata su cui Selleri non esita a esporsi: «I 230 milioni di metri cubi d’acqua di capienza del progetto potrebbero essere utilizzati per integrare le carenze idriche critiche fra Cherasco e Bra e nelle aree irrigate dai consorzi che attingono al Maira». A distribuire le acque, dalla diga, prosegue, «dovevano essere due canali, uno avrebbe dovuto immettersi nel Tanaro, l’altro nel Po, integrando le portate di tutti i consorzi senza ricorrere a pompe, grazie all’effetto della sola forza di gravità».
L’ultimo studio di fattibilità, commissionato dai consorzi irrigui e presentato nel 2004, è stato bocciato dagli abitanti dei due centri coinvolti, anche perché vedrebbe una rivoluzione nel tratto interessato della valle Stura, con lo stravolgimento degli equilibri ambientali e lo spostamento di strade e paesi.
Le ultime considerazioni Selleri le riserva al progetto del lago di Serra degli ulivi a Pianfei, da poco finanziato con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, «ma collocato in un’area eccessivamente periferica per risolvere i problemi dell’agricoltura cuneese: con il suo apporto il bacino integrerà le portate dell’areale Monregalese, circa tremila ettari coltivati su oltre 150mila. Peraltro l’acqua nel bacino non arriverà da sola ma sarà necessario portarla con una condotta».
d.g.