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Con Stura e Mellea in secca, il canale Naviglio spende 70mila euro per pompare acqua dai pozzi

Con Stura e Mellea in secca, il canale Naviglio spende 70mila euro per pompare acqua dai pozzi

ORO BLU Problemi mastodontici e poche soluzioni: bastano poche parole per condensare lo stato d’animo di Giacomo Farinasso, da sessant’anni responsabile tecnico del consorzio irriguo canale Naviglio, l’ente che garantisce ai contadini del Braidese gli approvvigionamenti per i loro campi; o sarebbe meglio dire garantiva, perché da più di un mese la siccità, riducendo le portate di Maira e Stura, ha fatto scemare le risorse disponibili.

«Oggi, a fronte di una concessione che ci permetterebbe di ottenere 1.300 litri al secondo, ne abbiamo disponibili appena 150: dal 1962, anno in cui ho iniziato a lavorare, non ricordo di aver affrontato un’emergenza di questa portata». I turni di irrigazione, della durata, in condizioni normali, di 28 giorni, si sono estesi: «Impieghiamo 56 giorni per portare l’acqua in tutti campi», prosegue Farinasso. Le opere di presa, che sono ubicate nel Comune di Castelletto Stura e in quello di Centallo, in località Trunasse, dipendono dalle portate del fiume Stura e dalla consorteria Mellea-Grana; quest’ultimo torrente, però, «è secco da più di un mese». I due rami del canale si congiungono nei pressi di Fossano e adacquano i campi di Cervere, prima di arrivare nelle aree coltivate sotto la Zizzola.

L’ultima risorsa, per irrigare i cinquemila ettari coltivati solo nel territorio di Bra e i settecento sottoposti amministrativamente a Cherasco, sono i pozzi: «Ne abbiamo sei distribuiti in tutto il comprensorio», prosegue il responsabile tecnico del canale Naviglio, «il problema quest’anno sono i costi dell’elettricità (che alimenta le pompe usate per sollevare l’acqua dalle falde): credo arriveremo a 70mila euro di bollette, di questo passo ci bruciamo il capitale». Ad acuire le difficoltà la scelta, operata da molti agricoltori, di seminare mais (una coltura molto esigente), «perché con la crisi alimentare i ricavi potrebbero essere più elevati».

L’opzione di progettare riserve dove stoccare l’acqua, in previsione di analoghe difficoltà future, non viene scartata a priori da Farinasso: «La conformazione morfologica del nostro comprensorio la rende difficile, con un po’ di inventiva potremo scovare qualche area idonea, il problema è disporre delle risorse idriche per riempirle, noi siamo i penultimi a ricevere le acque dai fiumi». Secondo il tecnico, infatti, «gli invasi vanno realizzati in montagna, dove la risorsa è presente, certo poi occorrerà anche predisporre dei canali per trasportarla, non si può pensare di utilizzare, a questo scopo, i corsi d’acqua».

L’argomento non è nuovo nemmeno sotto la Zizzola: «Il mio studio brulica di pagine di giornali attaccate al muro: ho raccolto tutte quelle dedicate all’argomento dighe. Nel 1989, l’avvocato Olivero, presidente del canale Naviglio, aveva sintetizzato in un documento le nostre esigenze, le stesse delle quali si parla anche ora. Poi è sempre arrivata la pioggia e ci si è dimenticati di tutto quanto».

d.g.

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