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Il poeta Milo De Angelis: «Serve una parola lontana dalla chiacchiera»

Il poesta Milo De Angelis: «Serve una parola lontana dalla chiacchiera»
Il poeta Milo De Angelis © Viviana Nicodemo

L’INTERVISTA Il festival culturale Profondo umano, organizzato dall’associazione corale Intonando presieduta da Francesco Cordero e dedicato al connubio tra spiritualità e poesia, si chiude con l’appuntamento di oggi mercoledì 28 settembre (alle ore 21 nella chiesa di San Domenico ad Alba). Salirà sul palco il poeta Milo de Angelis, che proporrà un intervento dal titolo “Poesia come destino”.

De Angelis si contraddistingue nello scenario artistico italiano per il suo stile ricco di sospensioni e interruzioni, citazioni e aforismi. Uno dei suoi ultimi lavori è Linea intera, linea spezzata (Mondadori). Per informazioni aggiuntive sulla serata è possibile visitare il sito Web www.profondoumano.it, i biglietti possono essere invece acquistati durante la serata oppure in prevendita nelle librerie albesi Milton, Sanpaolo e La Torre.

De Angelis, a suo avviso la poesia oggi quale ruolo gioca nei rapporti tra gli uomini? Si tratta di un linguaggio “morto” oppure ancora presente nelle relazioni quotidiane?

«L’esigenza poetica non potrà mai morire. Ogni volta che abbiamo bisogno di una parola essenziale e lontana dalla vanità della chiacchiera, ecco entrare in campo la poesia, che da sempre porta con sé un sogno di permanenza, qualcosa che non la farà svanire nelle brezze della vita quotidiana e potrà compiere il nostro desiderio più profondo, quello di un incontro duraturo, un patto giurato tra noi e la vita».

Quale consiglio darebbe ai giovani che oggi vorrebbero scoprire il loro lato poetico interiore, quel linguaggio capace di percepire nella realtà nessi nuovi, oltre la razionalità e gli automatismi?

«Proprio così: la poesia ci consente di scoprire nuovi legami tra le cose, legami sotterranei che l’esistenza ordinaria, imprigionata nei propri automatismi, non è più in grado di cogliere. A ogni giovane in cerca di sé stesso consiglio allora l’immersione nei grandi maestri dell’analogia, che hanno percepito profondamente questi nessi segreti tra le creature: da Charles Baudelaire a Dino Campana, a Dylan Thomas, a Yves Bonnefoy, fino alle esperienze poetiche più autentiche dei nostri giorni».

Come nasce una sua poesia? Un gesto spontaneo e “immediato” oppure si tratta di una gestazione lenta, pensata?

«Può nascere da entrambe le cose, può essere un gesto immediato, veloce, perentorio, che però viene preparato da mille giornate in cui abbiamo coltivato l’attenzione alla parola, alla singola parola, abbiamo preso appunti, abbiamo riempito il nostro taccuino, abbiamo intuito la possibilità che questa parola entrasse nella pagina e trovasse la sua dimora». 

Matteo Viberti

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