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L’intelligenza va usata per fare il bene, non il male

L’intelligenza va usata per fare il bene, non il male
Miniatura francese del XVI secolo: illustra la parabola evangelica in cui un amministratore infedele, viene lodato da Gesù perché sa cogliere la via di salvezza che gli rimane.

PENSIERO PER DOMENICA – XXIV TEMPO ORDINARIO – 18 SETTEMBRE

La scorsa domenica dalla parabola del figlio prodigo è venuto l’invito a guardare “dentro”: alla magnanimità del cuore di Dio e alla grettezza del cuore dell’uomo, impersonato dal fratello maggiore. Dalle letture della XXIV domenica giunge l’invito a usare l’intelligenza per cogliere la realtà delle cose e le opportunità che la vita ci offre. 

La parabola dell’amministratore disonesto e astuto (Lc 16,1-13) è, a prima vista, imbarazzante. L’amministratore è un corrotto che, nel rendere conto del suo operato, non esita a falsificare ancora una volta i bilanci per conservare la poltrona. Gesù loda il personaggio non per la sua disonestà, ma per la capacità di cogliere con rapidità l’unica via di salvezza che gli rimane. Si chiede poi perché i figli della luce non siano altrettanto pronti a cogliere le opportunità che vengono loro offerte. Nella vita – ricorda Gesù con realismo e sapienza psicologica – ci sono momenti in cui bisogna scegliere, e anche rapidamente. È in gioco la realizzazione e il senso della nostra vita, sul piano umano e spirituale. 

A scanso di equivoci, subito dopo questa parabola, Gesù ribadisce il suo pensiero sulla ricchezza, che non lascia dubbi: «Nessun servitore può servire due padroni… Non potete servire Dio e la ricchezza». Con il termine mammona, di origine fenicia, che indicava un idolo a cui tributare culto, Gesù dice chiaro che la ricchezza diventa facilmente un idolo. A un idolo si può sacrificare anche la vita: quella degli altri, o anche la propria! 

Il profeta Amos (8,4-7), ex pecoraio e contadino, rivela una straordinaria capacità di leggere la situazione del regno del Nord in cui egli opera. Non si limita a constatare lo scandaloso fossato che divide ricchi e poveri, ma denuncia le trame nascoste della situazione. A creare questo fossato non sono necessariamente azioni violente o ingiustizie palesi, ma gesti apparentemente onesti. È il caso del perbenismo religioso, proprio di chi rispetta a denti stretti i giorni di riposo del sabato e del plenilunio, in cui non si potevano fare affari. È il caso di chi usa bilance false, salvando la faccia, ma frodando il prossimo. È il caso di chi pratica forme raffinate di usura, per ridurre in schiavitù. È il caso di chi vende prodotti di scarto, contrabbandati per beni di prima necessità. L’invito che nasce da queste due letture è chiarissimo: usare l’intelligenza per leggere la realtà che ci circonda, per smascherare anche le forme nascoste di ingiustizia, per fare scelte oculate e lungimiranti. Anche in occasione della prossima, imminente tornata elettorale.

 Lidia e Battista Galvagno

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