Il Tanaro è sicuro, ma spaventano i rii e i torrenti (INCHIESTA)

Il ponte Albertino di Alba @ Marcato
Il ponte Albertino di Alba @ Marcato

ESONDAZIONI Alla luce di quanto successo nelle Marche tra il 15 e il 16 settembre, ci siamo recati all’ufficio comunale di Protezione civile per capire quanto è stato fatto negli anni per scongiurare i terribili ricordi del 1994.

Laura Campigotto, responsabile albese in caso di calamità, ci ha accolti in via Manzoni per mostrarci la sala operativa e per parlare delle difese costruite negli anni per contenere il Tanaro. «Abbiamo una serie di opere edificate dopo l’alluvione del 1994: in particolare un sistema arginale lungo la sponda destra e sinistra che protegge la strettoia urbanizzata tra il ponte strallato e quello Albertino, mentre non tutela località Vaccheria perché zona di espansione per abbassare la piena».

Oltre agli argini, visibili camminando lungo parco Tanaro, oppure dietro il Lago San Biagio, ci sono anche le scogliere che proteggono dall’erosione e che si trovano a pelo d’acqua. Sono massi distinguibili, per esempio, sulla destra del ponte Albertino, dietro Albaufficio, oppure nei dintorni dello stabilimento Ferrero.

Un altro sistema di difesa, di cui viene fatta annuale manutenzione, sono le valvole clapet, circa una ventina lungo i tratti arginali del fiume, che «avendo uno sportello unidirezionale permettono il flusso dell’acqua ma in caso di piena vengono chiuse. Questo perché i fossati agricoli devono poter arrivare nel Tanaro, ma in caso di esondazione il fiume non deve poter risalire».

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Laura Campigotto, nella sala operativa della Protezione civile di Alba

Tutte queste opere sono ben rodate ed efficienti, come hanno dimostrato gli eventi del 2016, mentre preoccupano i cambiamenti climatici dato che «le bombe d’acqua sono un’incognita: una quantità di pioggia come quella delle Marche, circa 300 millimetri in poche ore, qui non è mai venuta». Simili rovesci metterebbero in crisi soprattutto torrenti e rii, più che il Tanaro: «Mi ricordo che anni fa era uscito il Talloria nel territorio fra Gallo e Alba con allagamenti contenuti soltanto perché in zone scarsamente abitate. Lo studio mostrava che c’erano stati picchi di 80 millimetri di pioggia in due o tre ore».

Ma in caso di calamità come funziona il monitoraggio? Spiega Campigotto: «In Piemonte c’è una serie di sensori di proprietà di Arpa, sistemati lungo tutti i bacini grossi (Tanaro, Stura, Po, Gesso, Maira) sia a pluviometri che idrometri, ovvero misurano sia l’altezza dell’acqua che la pioggia. Teniamo d’occhio soprattutto Fossano e Gaiola perché da lì arriva lo Stura, mentre Garessio, Piantorre e Farigliano sono importanti per fare previsioni sul Tanaro. Quando si aspettano perturbazioni importanti diramano un bollettino alle varie zone del Piemonte (noi siamo nella F), con il colore dell’allerta. Quando è arancione i sindaci attivano l’unità di crisi e vedono cosa fare». In quel caso tutti i funzionari comunali sono chiamati a prestare servizio e c’è un gruppo addetto a coordinare i gruppi di Protezione civile e le associazioni di volontari, tra i quali Proteggere insieme, Croce rossa e Misericordia.

In città è previsto un piano per allertare i cittadini man mano che l’acqua sale lungo gli argini: le prime aree contattate sono la Ferrero, il campo nomadi e località Vaccheria, oltre al carcere Montalto. Per ogni zona è prevista un’area di accoglienza, che rimane flessibile nel caso di lavori o impedimenti (per esempio il centro sportivo Böblingen dovrebbe ospitare i cittadini del quartiere Vivaro).

Le violente bombe d’acqua che si stanno diffondendo creano difficoltà: «Nel caso di temporali, come quello nelle Marche, non c’è allerta arancione, ma gialla: non sanno distinguere dove passerà. Bollettini di questa entità arrivano anche 20 volte in due mesi, non puoi allertare sempre i cittadini perché è come gridare al lupo. Se si prevedono temporali particolari, la Regione manda indicazioni maggiori, ma purtroppo non è mai semplice prevedere questi fenomeni. Inoltre, se colpiscono un piccolo bacino come quello del Cherasca non c’è tempo per prepararsi, il tempo di corrivazione da monte a qui è di 30 minuti».

Diventa essenziale la formazione dei cittadini: ci sono azioni che salvano la vita come non scendere ai piani interrati, andare a prendere la macchina o percorrere i sottopassi. La Protezione civile svolge periodicamente esercitazioni (una sarà a inizio novembre), ma molto si gioca nell’educazione dei cittadini. Conclude Campigotto: «Spero che presto potremo andare nei quartieri a spiegare il piano e le aree che sono a rischio».

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In verde sono disegnati gli argini in froldo, ovvero quelli a diretto contatto con il fiume Tanaro, mentre in rosso quelli golenali. Nella cartina che mostra il piano albese in caso di allagamenti si possono notare anche alcune delle prime aree che verrebbero allertate in caso di calamità: la zona A fa riferimento allo stabilimento della Ferrero e al quartiere Vivaro, mentre la B corrisponde all’area attorno al cimitero albese di via Ognissanti.

 Lorenzo Germano

Massimo Reggio: «Entro fine anno interverremo sul Misureto»

Alba: Carlo Bo nomina la Giunta comunale 7Per quanto riguarda la città delle cento torri, i rischi maggiori arrivano da rii minori e torrenti. È quanto afferma Massimo Reggio, assessore comunale ai lavori pubblici, parlando degli interventi affrontati dall’Amministrazione su questo tema. «Il rischio idraulico non arriva solo dal Tanaro, che abbiamo visto avere delle buone difese, ma soprattutto dal reticolo secondario, quello composto dai rii minori e dai torrenti.

Sui torrenti Riddone, Cherasca e Talloria faremo anche quest’anno interventi di pulizia, concentrandoci sul disalveo perché ci sono sedimenti che devono essere asportati». L’attenzione dell’assessore si è poi concentrata sugli scolmatori: «Abbiamo già fatto alcuni canali fognari o per acque superficiali: ne abbiamo appena finanziato uno in strada Osteria e un altro a San Cassiano in strada Ballerini, mentre avevamo già costruito quello in via De Gasperi, un paio di anni fa. Mi auguro che nella prossima variazione, potremo inserire uno scolmatore anche in Strada di mezzo, per avere tutta una serie di canali che in caso di forti piogge si attivano e scaricano le fognature».

Una menzione a parte merita invece l’intervento sul rio Misureto, che verrà raddoppiato nel tratto tombinato. Un progetto ideato dal Comune, in collaborazione con Sisi e Regione Piemonte, che prevede la costruzione di un tubo del diametro di circa 2 metri, costruito in galleria al di sotto di  via Rio Misureto. I lavori, che hanno un costo di  2,5 milioni, sono appaltati
e verranno iniziati entro fine anno. «Ci saranno due canali paralleli che andranno a raddoppiare il deflusso del rio attuale», ha concluso Reggio.
 

l.g.

Via alberi e ghiaia dal fiume

Trecentomila euro: è la somma stanziata dal- l’Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo) – l’ente è competente anche sui bacini degli affluenti del fiume più lungo d’Italia – per i lavori di manutenzione nell’alveo del Tanaro, nei pressi del ponte Albertino. Ad Alba è toccata la parte più cospicua dei fondi, 890mila euro in tutto, messi a bilancio, per lavori di manutenzione su tutta l’asta, dalla sorgente fino alla zona dell’Alessandrino.

I lavori – affidati con una gara d’appalto alle imprese La passatore Srl, con sede nell’omonima frazione di Cuneo, e alla Capiluppi Snc di Borgoforte (nel Mantovano) – procederanno in due fasi, come spiega il direttore di Aipo Meuccio Berselli: «Dapprima verrà tagliata la vegetazione in alveo, per un tratto di 400 metri sulla sponda destra, a valle del ponte Albertino, proprio di fronte alla città». Allo stesso tempo le imprese vincitrici della gara elimineranno gli isolotti di detriti a monte dell’infrastruttura, «la movimentazione di materiali litici depositati, conforme alle direttive sedimenti della Regione, riguarderà un’area di 6.500 metri quadrati. Potremo così ripristinare il corretto deflusso delle acque che, in caso di piena verrebbero deviate verso la destra e sinistra idraulica del manufatto». Alcune delle campate dell’opera, larghe 23 metri, sono parzialmente occluse dai sedimenti e le acque, in caso di piena non le raggiungono celermente. Parte della ghiaia e del terreno escavati saranno asportati, un’altra frazione depositata nel letto del Tanaro secondo le indicazioni dei tecnici. La seconda fase delle operazioni riguarderà le difese spondali, cioè le scogliere costruite a contatto con l’acqua: «Si risistemeranno e sostituiranno i massi danneggiati o asportati e per un tratto di 600 metri sulla sponda destra e 480 su quella sinistra verranno tagliati gli alberi presenti in eccesso».

La decisione di avviare la manutenzione dall’area prossima al ponte risponde a precise valutazioni tecniche, prosegue Berselli: «I modelli idraulici indicano l’area come la più critica per la città, per questo andava eseguito un intervento prioritario». I fondi disponibili non sono molti e l’autorità di bacino si è concentrata su alcune zone. «In futuro potremo intervenire anche su altre aree». Le mutazioni climatiche impongono nuove valutazioni in caso di piena, «le opere di arginatura saranno sottoposte a maggiori sollecitazioni. Dobbiamo mettere in campo risorse per mitigare gli effetti disastrosi dei nuovi eventi in atto».

 Davide Gallesio

Gli argini, se manutenuti, eviteranno un altro 1994

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© Marcato

L’ingegnere idraulico Sergio Sordo, 59 anni, albese, è il tecnico che, dopo l’alluvione del Tanaro, nel novembre 1994, in qualità di esperto con mansioni di collegamento fra l’allora Magispo (oggi è l’Aipo) e il Comune di Alba, si occupò, assieme ad altri professionisti, di redigere i progetti delle opere poste a difesa della città.

Assieme a lui ripercorriamo i processi di ideazione e realizzazione di scogliere e arginature: «Per prima cosa i progettisti individuano i condizionamenti antropici, presenti lungo l’asta fluviale (cioè i nuclei abitati). Nel caso di Alba si trattava dei quartieri Mussotto, Vivaro e dello stabilimento della Ferrero», spiega Sordo.

In seguito «si delimita l’area del corso d’acqua e si realizza un modello idraulico, in base alla portata di riferimento, un parametro stabilito dalle autorità di bacino (su calcoli probabilistici che analizzano i volumi storici di piena) e si procede con una simulazione. Nel nostro caso svolta sull’area fra Piana Biglini e Monticello. A quel punto vengono determinate le altezze degli argini, mantenendo un franco (cioè un’elevazione) un metro superiore ai livelli di piena».

Nel caso di Alba alla soglia di riferimento, 3.050 metri cubi al secondo, gli ingegneri hanno affiancato, per i calcoli, i dati della piena del novembre ‘94, «la portata raggiunse i 4.200 metri cubi al secondo. Su questa base si è portata l’altezza del franco a un metro e mezzo». Passando dai modelli matematici al terreno, si sono costruite due linee di difesa, a protezione di Alba: «La prima i cosiddetti argini in froldo consta di scogliere a massi e gabbioni posti nel letto inciso del Tanaro, anche per evitare effetti di erosione». È il caso delle massicciate nei pressi del ponte albertino, sulle quali prenderanno avvio le manutenzioni di Aipo; ci sono poi, «a partire dal piano di campagna, gli argini golenali, sormontati da una strada per il servizio di guardiania. Si tratta di opere costruite con terreno limoso steso a strati e rullato, protette, sul lato fiume, da materassi Reno, cioè gabbioni riempiti con pietre, spessi 23 centimetri per sei metri di lunghezza per due di altezza, onde evitare l’erosione».

Questa seconda linea parte dal parco cittadino, segue l’ansa del Tanaro, all’altezza dello stabilimento Ferrero e prosegue fino ad affiancare la tangenziale, quindi se ne discosta circondando il carcere, in località Topino (più avanzata, in quest’area, si trova un’altra barriera) e raggiunge le difese spondali del canale Enel, usate per completare l’opera, nei pressi della confluenza del Talloria in Tanaro. Completano il sistema di difesa, sulla sponda opposta, uno sbarramento di massi di fronte al quartiere Mussotto, rafforzato da un argine golenale: la stessa impostazione è stata data alle protezioni dell’abitato di Piana Biglini.

Il battesimo del fuoco, per le strutture, si è avuto nel novembre 2016: «Si raggiunse un picco di 3.400 metri cubi al secondo ma non ci furono problemi. Se si avesse un evento analogo a quello del 1994 la città non avrebbe problemi, a patto che venga mantenuta la condizione di efficienza, prevista dal progetto, su tutta la tratta». Un’espressione tecnica che comprende manutenzione e pulizia dell’alveo dai materiali in eccesso e il taglio delle piante.

Previste ma mai realizzate, due vasche d’espansione, avrebbero dovuto aggiungersi agli argini: dovevano sorgere nell’area di Piana Biglini e nel territorio comunale di Monticello, occupando diversi chilometri quadrati: «Permetterebbero di stabilizzare la portata del fiume, gli argini scaricano la piena più a valle, per questo vengono realizzati nei soli tratti abitati lasciando sfogo alle acque nelle campagne». I bacini di laminazione, invece, «permettono di scolmare una parte dell’acqua e scaricarla in un secondo momento, aumentando la capacità di adattamento ai picchi di piena».  

d.g.

Bombe d’acqua: i piccoli bacini non reggono l’urto dei fenomeni estremi

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L’ingegnere idraulico Sergio Sordo

I terribili eventi alluvionali che hanno sconvolto le Marche, il 16 settembre suscitano le riflessioni di un tecnico esperto come l’ingegnere Sergio Sordo. «Sono stati i piccoli corsi d’acqua a causare danni e morti non i fiumi. I piccoli bacini sono molto più inclini ad andare in crisi, a causa di rovesci temporaleschi violenti ma molto limitati, per estensione, come quelli ai quali assistiamo».

Gli alvei, infatti, «non sono strutturati per evacuare bombe d’acqua»: il fenomeno, su una scala molto minore, è visibile anche ad Alba «i maggiori problemi, dopo l’alluvione del ‘94 li hanno creati i rii: il Misureto, per citarne uno, ha esondato a più riprese».

È una questione di bacini imbriferi. Quello del Tanaro, esteso su 3.400 chilometri quadrati impiega molto più tempo per andare in crisi: «deve piovere su mezza Provincia perché ci sia la piena. E poi il picco impiega 20 ore da monte per arrivare qui». Nel caso dei torrenti, invece, l’ondata è pressoché immediata e le allerte sono inutili: «Il fenomeno obbliga a ripensare le opere di contenimento realizzate». Inoltre mancano gli strumenti per rilevare le concentrazioni temporalesche su areali limitati: «un pluviometro posizionato ad Alba non riuscirà a misurare la quantità d’acqua che cade a Guarene, va meglio con i radar ma il problema rimane irrisolto».  

d.g.

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