Quali invocazioni a Dio attraversano le nubi?

PENSIERO PER DOMENICA – XXX TEMPO ORDINARIO – 23 OTTOBRE

Al centro delle letture della XXX domenica c’è la preghiera. Essa può assumere toni e modulazioni diverse. C’è la preghiera del povero menzionata nel Siracide (36,12-18), c’è la preghiera dei “ricchi”, quali erano, a titoli diversi, il fariseo e il pubblicano (Lc 18,9-14) e c’è la preghiera-testamento di Paolo (2Tim 4,6-8.16-18).

Quali invocazioni a Dio attraversano le nubi?
San Paolo nella prigione, opera di Josip Bifel (Vaticano, Collezione d’arte religiosa moderna).

Quale preghiera arriva a Dio per prima? Il fariseo della parabola evangelica, pensava che Dio avrebbe ascoltato lui per primo, dato che aveva tutti i titoli per avvicinarsi all’altare, ritto davanti a Dio, faccia a faccia con lui. Aveva dimenticato il testo del Siracide, secondo cui due sono le preghiere che arrivano per prime all’orecchio e al cuore di Dio: la preghiera di chi soccorre i poveri che «arriva fino alle nubi» e quella del povero che addirittura «attraversa le nubi». Noi crediamo che anche oggi Dio ascolta innanzitutto il grido dei poveri e degli oppressi e se vogliamo avere udienza da lui dobbiamo stare dalla loro parte, facendo una scelta di campo.

Il fariseo e il pubblicano, avversari sul piano politico e sociale, economicamente appartenevano alla classe medio-alta: la borghesia intellettuale ed economica. Diverso è il loro modo di rapportarsi a Dio. Il fariseo fa l’elenco delle sue virtù, addirittura superiori alla media (pagava le decime anche sulle erbe officinali e digiunava due volte a settimana, quando la norma ne prevedeva una!): è l’emblema di chi presume di salvarsi da solo, con le sue buone azioni e il rispetto rigoroso delle leggi. Il pubblicano, odiato come esattore delle tasse, di fronte a Dio e alla cultura popolare non ha meriti da vantare. Chiede perdono, almeno a Dio, e l’ottiene. La richiesta sincera di perdono è dunque un’altra preghiera che “attraversa le nubi”.

Perdonare e dire grazie sono la forma di preghiera rappresentata dall’autore della 2° lettera a Timoteo, che raccoglie il “testamento” di Paolo, forse alcune confidenze fatte uscire dalla prigione in cui si trovava per la seconda volta. L’ultima commovente preghiera di Paolo, prima di morire, tocca questi tasti: il perdono per chi l’ha abbandonato in occasione del precedente processo e il ringraziamento a Dio perché gli è stato vicino: «Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza». Grazie a ciò egli ha potuto continuare a credere che «il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli». Alla fine dei suoi giorni, Paolo può dire grazie per aver «conservato la fede». Come il suo, anche il nostro “grazie” attraversa le nubi!

Lidia e Battista Galvagno

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