Agricoltura: «Cosa chiediamo a Lollobrigida»

Agricoltura: «Cosa chiediamo a Lollobrigida»
Francesco Lollobrigida con Sergio Mattarella © Quirinale.it

ASPETTATIVE La delega all’agricoltura nel Governo di Giorgia Meloni è di Francesco Lollobrigida, militante di Fratelli d’Italia della prima ora e cognato della presidente del Consiglio. Il primo cambiamento: all’agricoltura è stata aggiunta la «sovranità alimentare». Nelle prime dichiarazioni ha parlato di contrasto ai falsi prodotti italiani e lotta al Nutriscore, ossia l’etichettatura dei cibi proposta dall’Unione europea sulla base di un semaforo più o meno rosso a seconda della quantità di grassi, zuccheri e sale.

Cosa si aspettano le organizzazioni di categoria dal nuovo esecutivo? Claudio Conterno, presidente provinciale della Cia, afferma: «Il punto principale è l’emergenza energetica: serve introdurre crediti di imposta. Poi occorrono piani mirati di abbattimento della fauna selvatica, che pongano fine ai passaggi di responsabilità. E dobbiamo intervenire sul costo della manodopera agricola: lo si dovrà fare garantendo una giusta retribuzione agli operai e ciò è possibile diminuendo la tassazione». Il Pnrr è «un’occasione da non perdere, ma occorre essere veloci, per evitare di dover mandare indietro dei fondi, come accaduto con il Psr. Stop a chi inoltra richieste allettato dalla possibilità di mettere le mani sui soldi, sì a progetti fattibili e realizzabili». Per valorizzare i prodotti italiani «i controlli devono avere regole uguali per tutta l’Europa. Il Nutriscore, poi, rischia di demonizzare certi cibi. Importante è l’educazione alimentare, che deve partire dalle scuole».

C’è un problema sui prezzi: «Frutta e nocciole fanno sì che l’agricoltura sia l’unico settore in cui, quando vendi, non sai ancora quanto prenderai. Riguardo agli allevamenti, credo che per spuntare prezzi equi occorra diminuire la quantità e favorire la qualità: meglio cento capi pagati il giusto che duecento male. Il turismo, non mordi e fuggi: dev’essere un motore di sviluppo». Anche per Enrico Allasia, a capo di Confagricoltura Cuneo, «il tema del momento è la crisi energetica: l’agricoltore la paga, ma non riesce a trasferirne i costi ai distributori o al consumatore. Va bene parlare di made in Italy, ma se non agevolo certe filiere ne rischio la scomparsa. La concorrenza europea non deve continuare a essere fraudolenta, con regole diverse in ogni Paese: ciò si applica anche alle norme che impongono limiti a volte non realistici ai trattamenti fitosanitari. La sostenibilità ambientale è importante, ma noi agricoltori siamo i custodi dell’ambiente e non gli avvelenatori. La sostenibilità deve essere anche economica: altrimenti chiudiamo». Se il cambiamento climatico è una realtà, «occorre far fronte alla sfida. Anche con il miglioramento genetico. Ciò permetterà, a esempio, alla viticoltura di sopravvivere. Va poi incrementato l’uso della tecnologia, compresi i droni. Giusto puntare a maggiore indipendenza alimentare, ma senza nascondere le difficoltà: siamo molto bravi a lavorare le materie prime, ma non tutto è prodotto da noi». Il vino lo si valorizza «potenziando l’abbinamento tra prodotto e territorio, mentre per l’allevamento dobbiamo ripartire dalla consapevolezza che tutti ci invidiano la razza piemontese. Servirà un’operazione di marketing spinto per promuoverla».

Enrico Nada, presidente provinciale di Coldiretti, dice: «Già nell’assemblea nazionale di luglio avevamo individuato cinque punti. Il primo penso sia già stato esaudito: chiedevamo che il Ministero si occupasse non solo di agricoltura ma di agroalimentare: il cambio di nome fa ben sperare. Ci opponiamo al Nutriscore, etichettatura dannosa che danneggia alcuni prodotti di origine naturale. Il Pnrr deve essere una chiave per la sovranità alimentare, i fondi vanno gestiti per ricerche su produzione e sostenibilità. L’autonomia energetica può essere raggiunta anche dando la possibilità alle aziende agricole di incrementare la dotazione di pannelli solari. Sulla gestione della fauna selvatica, la legge 157 è pronta ma ferma sui tavoli». Per la viticoltura «occorre ricercare varietà resistenti e semplificare i controlli. In frutticoltura bisogna far applicare il decreto di contrasto alle pratiche sleali, per non permettere di vendere al di sotto del prezzo di produzione. Riguardo alle nocciole, il problema è legato al fatto che il prezzo lo decide il trasformatore».  

Davide Barile

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