Il tempo libero per un albese su 10 è un miraggio

Il tempo libero per 1 albese su 10 è un miraggio

IL SONDAGGIO «Oggi mi sento soffocato. Nove ore d’ufficio, dalle 8 alle 17 pausa pranzo inclusa, le commissioni in banca, la spesa al supermercato o la macchina da riparare. La sera sono molto stanco e cerco di giocare con mia figlia di 5 anni e stare con mia moglie. Il sabato frequento un corso di musica elettronica e di tecnico del suono, perché vorrei che i miei sogni non svanissero nel vuoto. Il tempo libero si concentra tutto la domenica. Vorrei fare sport, scrivere, uscire con gli amici ma non è possibile. Finisco per avere il fiatone, sentirmi affaticato. Mi chiedo: perché dobbiamo per forza vivere in maniera affannata?». Carlo ha 36 anni e vive ad Alba: la sua vicenda esemplifica decine di vite condizionate dalla mancanza di libertà. Il tempo vive accanto a noi e il rapporto che ci lega a esso diventa cruciale: corriamo per non rimanere indietro e accumulare risorse.

Per capire la relazione degli albesi con il proprio tempo Gazzetta ha lanciato un’inchiesta on-line a cui hanno risposto decine di lettori: la prima domanda indagava i comportamenti concreti. Interrogati sugli impegni al di fuori del lavoro e della famiglia il 16 per cento delle persone ha risposto «sto nella natura», il 18 fa sport e il 13 esce con gli amici. I restanti si dividono in attività artistiche come ballo, scrittura o pittura (sono l’11 per cento) e i viaggi (il 7): soltanto un 11 per cento – uno su dieci – dice di non avere tempo libero.

Fra Albese e Braidese dunque si prediligono il rapporto con gli elementi naturali e l’attività fisica, piuttosto che la creatività o l’esplorazione di terre lontane. Anche il rapporto con gli altri sembra subordinato a un tempo libero trascorso in maniera solitaria. Questa “stanzialità” restituisce l’idea di una popolazione vicina alle proprie radici, incline all’individualismo e a comportamenti salutari. Una tendenza interpretabile con l’assenza di opportunità di intrattenimento e spazi aggregativi per alcune fasce di residenti, e con il sussistere di una filosofia centrata sul lavoro che lascia poco spazio alla collettività e alle iniziative culturali accessibili a tutti.

Eppure come hanno spiegato in una recente ricerca dal titolo Essere adolescenti a Cuneo oggi Luca dal Pozzolo, Catterina Seia e Lucia Zanetta, ricercatori del Cultural welfare center, «l’arte e la cultura sono risorse capaci di generare un impatto positivo sulla salute, il benessere individuale e di comunità, contribuendo al welfare culturale. Un modello integrato di promozione del benessere attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale». La mancanza di tempo libero può anche diventare un fattore patologico. Dalla nostra inchiesta emerge un dato significativo: quasi il 70 per cento delle persone riferisce di «sentire l’esigenza di averne molto di più». È l’indicatore di una modalità esistenziale che sottrae troppo ossigeno alla crescita personale, e costringe la libertà entro confini angusti. La maggioranza degli intervistati – oltre uno su due – infatti confessa di «avere meno di 10 ore libere durante una settimana», gli altri possono contare su poche risorse in più.

Secondo la metà degli intervistati la ragione di questa difficoltà sarebbe da attribuire al «modo in cui funziona il mondo del lavoro», che è sempre più esigente a livello di ritmi ed energie drenate. Nel recente rapporto Clima d’opinione curato da Ires Piemonte, i ricercatori spiegano che «l’81 per cento dei piemontesi intervistati esprime un giudizio almeno sufficiente (dal 6 in su), dato simile all’80 rilevato nel corso del 2021. Col tempo, tuttavia, diminuiscono coloro che esprimono molta soddisfazione (voto 8 o oltre), a fronte di un aumento degli “abbastanza contenti” (voto 7) saliti di 4 punti percentuali».

Le persone sono meno felici: il tempo libero non può essere considerato una dimensione superflua o “improduttiva”, perché incide direttamente sulla qualità di vita percepita, sui livelli emotivi e psicologici della popolazione e dunque sulla possibilità di costruire un futuro soddisfacente.

Occupazione e vita: la metà degli intervistati non ha trovato un equilibrio

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Di chi è la colpa se nella tua vita manca il tempo libero? Al quesito, proposto nel sondaggio ai lettori quasi una persona su due risponde «al mondo del lavoro e alle sue regole di funzionamento», il 9 per cento la imputa a sé stesso «alle proprie difficoltà» e il 35 «a entrambe le dimensioni». L’attribuire la responsabilità al mondo del lavoro indica una consapevolezza diffusa su come oggi i contratti, gli orari e le retribuzioni non siano adeguate a garantire una sufficiente qualità di vita.

Tra i lettori, soltanto il 23 per cento dichiara che la propria esistenza «è in equilibrio. Non ho bisogno di tempo libero aggiuntivo». Tutti gli altri si trovano in difficoltà. Uno fra coloro che ha risposto sostiene che per cambiare la situazione, a livello politico, si dovrebbe intervenire «ampliando gli spazi di aggregazione per i giovani ma anche gli adulti. Intendo creare zone con strutture sportive, organizzare eventi che non siano sempre i soliti: per esempio concerti non solo per ragazzini». Secondo un altro sarebbe importante poter «lavorare meno, aumentare gli stipendi e moltiplicare le occasioni di socialità». Una donna aggiunge: «Dovremmo istituire la settimana corta, come già avviene in altri Stati: lavorare meno ma tutti quanti».

Alcuni pensano a chi sta meno bene, alle persone portatrici di particolare fragilità: «Bisognerebbe organizzare forme  di assistenza, anche occasionale,  per i portatori di handicap (nel  mio caso figlio e mamma) onde  avere l’opportunità di uscire con  un’amica, a cena con il marito o per una passeggiata. È difficile, però, reperire personale affidabile  e non troppo impegnativo dal punto di vista economico». Un altro ritiene importante organizzare un più efficiente sistema di volontariato, in modo  da poter contare su una socialità modellata su base comunitaria,  con legami reciproci e mutuali.  «Oggi tutti pensano a sé stessi,  ognuno guarda al proprio  cortile. Soltanto una logica  meno individualista ci potrà  aiutare a guardare il mondo  in maniera nuova, creativa  e più protettiva per tutti quanti».

Retribuzione: i salari medi sono troppo bassi per molti

Abbiamo chiesto ai lettori a quanto ammonti, secondo la loro prospettiva, uno stipendio sufficiente a vivere bene nel mondo odierno. Per il 50% degli intervistati «almeno 2mila euro», per il 34 «almeno 1.500 euro» e soltanto il 16 afferma «dai tremila euro in su». Il questionario di Gazzetta evidenzia l’aumento dei costi della vita e che nell’Albese è difficile sopravvivere con un salario medio. Il tempo libero ne risulta sacrificato, accantonato in spazi striminziti.

In effetti, come documentato a dicembre, col Rapporto territori 2022 dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) in Piemonte, nel 2021, le persone a rischio povertà o esclusione sociale erano il 18,3 per cento della popolazione. Inoltre tra il 2019 e il 2021 sono più che raddoppiate quelle che vivono in abitazioni con problemi strutturali (erano il 10,3 nel 2019, il 21,7 nel 2021). Risulta infine in aumento la quota di Neet (ovvero i giovani che non studiano né sono occupati, salita di 2,4 punti percentuali), la quota di part-time involontari (persone che vorrebbero lavorare di più ma trovano soltanto collocazioni a tempo parziale) e peggiora l’occupazione giovanile (meno 9,9 punti percentuali, 3,8 dei quali persi fra il 2019 e il 2020). Queste fasce di popolazione non possono contare su un tempo libero di qualità.

Si amplia dunque la forbice tra vita sognata e vissuta, tra realtà e immaginazione. Se avessero più tempo per sé i lettori vorrebbero viaggiare, dedicare ore alla scrittura e alle uscite con gli amici. Altri dicono che desidererebbero fare sport o trascorrere tempo coi loro cari.

Pochi impiegherebbero energie per praticare attività di volontariato e aiutare persone in difficoltà. Oggi è difficile praticare l’altruismo perché la competizione costante, l’accento sul risultato e sulla produttività, la paura di non farcela inducono a rannicchiarsi nella propria sfera privata relegando su un piano secondario quella pubblica e comunitaria. Il tempo insomma è uno specchio che parla di noi e racconta la nostra storia, inclusi i nostri limiti. In breve il rapporto che instauriamo con questa dimensione indica chi siamo.

 Valerio Re

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