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Sul piano per le cave lungo il Tanaro è già levata di scudi

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AMBIENTE Da una parte c’è la Regione, che ha messo mano a una materia complessa, e dall’altra il centrosinistra e le associazioni ambientaliste, che denunciano gravi rischi per la tutela dell’ambiente, da qui ai prossimi dieci anni: in queste settimane, sta entrando nelle fasi conclusive l’iter per l’approvazione del Prae, il Piano regionale delle attività estrattive.

Dall’estrazione della pietra a Bagnolo alla Valle Pellice, per arrivare alla ricerca di materiale alluvionale lungo i principali corsi d’acqua, per ottenere sabbia, ghiaia e aggregati da utilizzare in ambito edilizio, il settore in Piemonte è molto variegato. Così è anche lungo le sponde del Tanaro, nel tratto compreso tra Asti, Alba e Bra, dove sono diverse le cave in piena attività.

Per tornare al Prae, dopo l’approvazione da parte della Giunta di Alberto Cirio, il 20 febbraio si è chiusa la finestra di due mesi durante i quali è stato possibile presentare osservazioni. Entro quarantacinque giorni verrà chiusa la procedura di Valutazione ambientale strategica: tenuto conto di quest’ultima e di tutti i documenti pervenuti, la Giunta regionale potrà scegliere di revisionare la prima versione del piano, per poi adottarlo in via definitiva in Consiglio regionale.

Il documento è fondamentale, perché completa l’iter avviato nel 2016 con l’approvazione della legge regionale che ha regolamentato ex novo la materia. Fino a quel momento, ci si basava su una normativa del 1978, frutto degli anni del boom edilizio, quando il contenimento del consumo di suolo era inesistente, poiché si riteneva che le risorse naturali fossero inesauribili. In più, c’era bisogno di definire in modo univoco i processi autorizzativi e di controllo, che in origine venivano affidati ai Comuni, spesso incapaci dal punto di vista logistico e delle professionalità ad affrontare una materia complessa, soprattutto quando si pensa a piccoli paesi e città.

Le Province possono delegare la loro competenza in caso di autorizzazioni

Sono questi i punti su cui si è concentrata la Giunta di Sergio Chiamparino nel 2016: per esempio, la competenza è passata alle Province, che hanno la facoltà di delegare la questione alla Regione. Per coinvolgere gli enti locali, qualora si debba concedere l’autorizzazione all’ampliamento o alla coltivazione di una nuova cava, viene indetta una conferenza dei servizi.

Il procedimento unisce diversi livelli, dall’Arpa all’Asl, perché sono tanti gli interessi da tutelare: l’ambiente e il suolo, ma anche la salute delle persone. Per questo, la normativa in vigore prevede una serie di obblighi di mitigazione, per poi procedere al riempimento delle cave esaurite e al recupero ambientale, con la piantumazione di alberi o colture.

Domenico Rossi (Pd): «La Giunta regionale ha abdicato al proprio ruolo di mediazione»

Sul piano per le cave lungo il Tanaro è già levata di scudi

Domenico Rossi, nuovo segretario piemontese del Partito democratico e consigliere regionale, è stato il primo firmatario della legge del 2016.

Le sue parole: «Oggi sappiamo che le risorse sono limitate e che il nostro destino è connesso a quello della natura che sfruttiamo da vari punti di vista. La legge regionale punta proprio a trovare un equilibrio tra attività estrattiva e ambiente, con la previsione di incentivi di riciclo per i materiali inerti, così da limitare il consumo di suolo. Sono anche previste sanzioni mirate, con controlli certi: non dobbiamo dimenticarci che, in precedenza, per uno scavo abusivo o non conforme si pagava una multa di appena mille euro, senza tenere in considerazione le quantità prelevate. Il testo, poi, pone una serie di paletti e di vincoli, con riferimento alle imprese che operano nel settore». Il compito del Piano regionale per le attività estrattive, in questo frangente, è di pianificare per il prossimo decennio l’attività del prelievo in Piemonte: un obiettivo, secondo il segretario del Pd, del tutto travisato.

«Il documento era nato con un obiettivo chiaro ed è stato trasformato in una sorta di via libera per le imprese, che potranno estrarre materiali in quantità tre volte superiore rispetto a quanto è accaduto negli ultimi 10 anni. Ci siamo trovati di fronte a un documento obsoleto, che risponde alle esigenze di un settore produttivo e non tiene conto della grave situazione ambientale con cui facciamo i conti», dice Rossi.

Il consigliere Pd cita alcuni numeri: «Prendiamo, per esempio, il comparto della sabbia, della ghiaia e degli altri aggregati utilizzati per le costruzioni e le infrastrutture: come spiega lo stesso piano approvato dalla Giunta di Alberto Cirio, se si stima un fabbisogno di circa 63 milioni di metri cubi, per il prossimo decennio saranno autorizzabili estrazioni per 101 milioni di metri cubi, cioè una quantità molto superiore. Se si considerano i circa 95 milioni di metri cubi autorizzati e non ancora scavati, si arriva a un totale di 196 milioni di metri. Se poi consideriamo anche le pietre ornamentali e i materiali industriali, si raggiunge una cifra record di 306 milioni di metri cubi estraibili, a fronte di un fabbisogno di 95. A tutto questo, corrisponderebbe un’impennata del consumo di suolo, che abbiamo calcolato per le diverse province piemontesi: per la provincia di Cuneo, parliamo di un incremento del 146 per cento rispetto alla situazione attuale, al secondo posto rispetto al +241 per cento che potrebbe riguardare Asti e Alessandria».

Ma come andrebbe regolato il rapporto tra attività estrattiva e salvaguardia del suolo? Rossi: «Sarebbe sufficiente rispettare ciò che prevede la normativa oggi in vigore, con una programmazione ragionata e l’obiettivo di limitare il consumo di una risorsa finita, cercando di utilizzarla al meglio in base ai bisogni dell’economia. La Giunta regionale, al contrario, ha abdicato al suo ruolo di mediazione tra i diversi interessi, per assecondarne uno solo: quello privato».  

Le zone in cui si scava tra Alba e Bra

In base alle osservazioni al Prae analizzate fino a oggi dai tecnici regionali non sembrano essere emerse particolari criticità con riferimento alla zona di Alba e Bra. Ma, se si sfoglia il piano sabaudo, emergono parecchi poli estrattivi attorno ai due Comuni. In effetti, sono diverse le ditte in piena attività, in particolare lungo la fascia del Tanaro, dove viene prelevato materiale litoide da cui si ricavano aggregati per costruzioni e infrastrutture. Due sono le aziende attive nell’Albese, la Stroppiana Spa nella zona di Piana Biglini e la Saega Spa in Vaccheria. La prima estende la sua attività anche a Monticello, dove è attiva la cava Biglini 8, oltre che a Roddi. Sul territorio di Cherasco, risultano al lavoro due aziende, mentre altre due figurano nel territorio di Govone. Prelevano invece un altro tipo di materiale, cioè la pietra di Langa, le due cave impegnate in questo momento a Cortemilia, in base a quanto emerge dal portale della Regione Piemonte.

Se guardiamo al Prae, uno dei poli più estesi è quello iscritto con la dicitura Alba- Santa Vittoria-Roddi, che al suo interno racchiude tre cave: si parla di un’estensione dell’attività già autorizzata pari a 288mila metri quadrati, a fronte di una superficie complessiva del polo pari a 1 milione e mezzo circa di metri quadrati, che potrebbe pertanto essere oggetto di espansione. Per quanto riguarda il volume di materiali estraibili, per i prossimi dieci anni si può arrivare alla cifra di 2 milioni e 400mila metri cubi. Il recupero ambientale e la destinazione finale dell’area in questione sono di tipo agricolo, in linea con gli interventi che l’azienda proprietaria delle cave ha già realizzato negli ultimi anni.

Un altro polo estrattivo importante è quello di Vaccheria: a fronte di 125mila metri quadrati di attività già autorizzate, l’area della cava si estende per 1 milione e 400mila metri quadrati circa. In questo caso, per i prossimi dieci anni, si può arrivare a un volume estraibile di circa 600mila metri cubi di materiali, con un recupero di tipo agricolo.

Se queste sono le possibilità previste dal piano sulla carta, sono state avanzate di recente richieste di espansione?

Dopo l’inizio dell’iter del Prae, in realtà, no. Per quanto riguarda il Comune di Alba, già nel 2019 la ditta Stroppiana aveva avviato l’iter per l’ampliamento della cava Biglini 9, suddiviso in tre lotti, con annesso un programma mirato di recupero e di mitigazione. Nel 2021, dopo la Conferenza dei servizi, è arrivato il via libera dalla Regione, in seguito alla Valutazione di impatto ambientale, con la conseguente attivazione della cava. In questo momento, come previsto, sono in corso negli uffici regionali le verifiche per l’ottemperanza delle prescrizioni ambientali previste in fase di approvazione.  

Tronzano: niente scempi, ma più programmazione

Erogati 18 milioni dalla Regione per il sostegno allo sviluppo delle imprese
Andrea Tronzano

Un punto di vista opposto a quanti gridano allo scandalo è quello di Andrea Tronzano, assessore regionale competente: «Chi grida allo scempio ambientale è sulla strada sbagliata, dal momento che esistono già regole rigide e chiare: con il Prae, daremo certezza all’operatività delle imprese e allo stesso tempo garantiremo la salvaguardia ambientale. Rispetto al periodo precedente, ci sarà molta più attenzione, così da evitare la discrezionalità: non c’è alcun rischio di estrazione selvaggia, perché i nuovi volumi saranno consentiti solo a fronte dell’esaurimento di quelli autorizzati. Non dobbiamo dimenticare che, alla base della normativa in vigore, c’è la “ri-naturazione” dei luoghi, come viene definita, possibile anche grazie all’approccio portato avanti dagli stessi imprenditori».

Tronzano entra inoltre anche nel merito delle quantità di materiali estraibili: «La richiesta di estrazione di nuovi volumi potrà essere avanzata solo se si sarà vicini all’esaurimento di quelli autorizzati: questo sarà possibile per il periodo in cui il Prae sarà in funzione, al primo o al decimo anno. In questo modo, tenendo conto del fatto che esistono quantità di materiali non ancora sfruttate, abbiamo voluto consentire alle aziende una programmazione di ampio respiro e su un periodo più lungo, sul fronte degli investimenti e delle riqualificazioni».

Tronzano cita anche altre novità: «In precedenza, chiunque poteva presentare una richiesta per aprire una cava: ora le nuove autorizzazioni potranno essere rilasciate solo in un polo o in un ampliamento di cava individuato nel Prae. Se si tratta invece di siti diversi, bisognerà procedere con una variante del piano stesso».  

Francesca Pinaffo

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