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Martina, in Turchia per portare aiuto ai terremotati

Martina, in Turchia per portare aiuto ai terremotati
Alcuni componenti dell’Emt2 (Martina è a sinistra nella fila in alto)

SANTO STEFANO ROERO Dopo il terremoto di febbraio in Siria e Turchia la macchina della solidarietà internazionale si è subito messa in moto e non sono mancati i volontari pronti a dare una mano concreta sul campo. Tra questi c’era anche la santostefanese Martina Bornengo, infermiera di 28 anni, che già il 15 febbraio era ad Antiochia ad allestire un ospedale da campo.

Martina, in Turchia per portare aiuto ai terremotati 1
Martina Bornengo

«Lavoro a Novara e faccio parte dell’Emt2 (Emergency medical team type 2) della Regione, guidato da Mario Raviolo. Si tratta di un gruppo di volontari, a parte il nucleo centrale fisso che si occupa di gestire logistica e organizzazione, disposti a partire con tempi di preavviso ridotti per portare aiuto e supporto medico ovunque serva», spiega Martina.

«A febbraio in pochi giorni è stata allestita una squadra di 70 elementi tra medici, infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di cui anche io facevo parte. Siamo andati e tornati con aerei militari. In due giorni abbiamo allestito l’ospedale e iniziato a lavorare a pieno regime», prosegue la giovane santostefanese.

Continua Bornengo: «Pensavamo di dover far fronte all’emergenza, lavorando soprattutto su patologie acute e traumi. In realtà abbiamo dovuto sostituire in toto l’ospedale di zona che, già gravemente danneggiato dalla prima scossa, è poi crollato a causa di una seconda quando già eravamo sul posto. Non è mancata la gestione dei malati cronici e sono stati anche particolarmente numerosi i parti. In poco più di due settimane abbiamo registrato circa tremila accessi e 22 nascite».

«Lavorare sotto pressione e in condizioni disagiate è stato possibile solo grazie al grande spirito collaborativo che è nato tra tutti i partecipanti della missione. Senza distinzione di ruolo o età, ma con l’unico, comune, obiettivo di aiutare il prossimo», sottolinea l’infermiera. «Assistere dal vivo alla devastazione che abbiamo trovato è stata una doccia fredda. Tv e giornali non riescono a rendere l’idea. Turchi, siriani, anziani e bambini. Nessuno aveva assistenza e tutti avevano una grande paura delle scosse che continuavano ad arrivare. Sono stati giorni molto intensi, fatti di emozioni e ritmi lavorativi serrati. Non ho mai capito una parola di turco, ma gli occhi e gli sguardi incontrati dicevano più di quanto potessi mai immaginare».

Andrea Audisio

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