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Dalla città di Alba all’Emilia Romagna per dare aiuto

Da Alba all’Emilia Romagna per dare aiuto

L’ALLUVIONE Forse la fotografia che più rappresenta l’impegno della Misericordia Santa Chiara piemontese in Emilia Romagna, nella fase successiva ai gravi eventi alluvionali delle scorse settimane, è quella che immortala un abbraccio, tra un volontario in divisa azzurra e una donna, che ha visto parte della sua casa sommersa dall’acqua, lasciando uno spesso strato dl fango. Il volontario, insieme ad altri uomini e donne del suo gruppo, è arrivato sul posto per aiutarla a svuotare la cantina, il garage e tutti gli altri locali allagati.

«L’esperienza in Emilia è intensa, perché l’acqua ha davvero creato devastazione: ci sono paesi ancora sommersi, altri non raggiungibili per via delle frane e in quelli dove l’acqua è defluita bisogna sgomberare i locali allagati e lavorare per cercare di portare la situazione alla normalità», dice Bruno Rustichelli, presidente della Misericordia di Alba e referente a livello nazionale della logistica dell’organizzazione di volontariato attiva nel campo della Protezione civile e, in generale, dell’impegno sociale.

Da Alba all’Emilia Romagna per dare aiuto 1Dalla scorsa settimana, dal Piemonte sono partiti 11 volontari, di cui cinque albesi, anche se, in realtà, un primo gruppo era arrivato sul posto già lo scorso 4 maggio, quando era stata registrata una prima intensa precipitazione. Poi, a seguito dell’alluvione, l’intervento è stato intensificato. Prosegue Rustichelli: «A inizio maggio, abbiamo già trasportato nel comune di Castel Bolognese, dalla nostra sede di Tortona, una serie di pompe a basso impatto, in grado di aspirare seimila litri al minuto. Dopo le esondazioni ne abbiamo trasportate altre medie e grandi, dislocate nelle nostre sedi, oltre a duemila posti letto da campo, destinati ai luoghi che sono stati allestiti per accogliere gli sfollati».

In questo momento, i volontari piemontesi sono attivi su due fronti, a partire dalla zona di pompaggio allestita a Ravenna, in cui il livello dell’acqua rimane più elevato. «Le nostre pompe lavorano insieme a quelle portate dalla Francia, dalla Slovenia, dalla Slovacchia e altri Paesi europei, per una potenza di aspirazione di 150mila litri al minuto: sono in funzione da cinque giorni in modo ininterrotto e il lavoro dovrà proseguire per almeno altri dieci giorni. Una volta aspirata, l’acqua viene convogliata in un canale, che finisce in mare. Purtroppo, nella zona di Ravenna, la conformazione geografica ha rallentato il deflusso dell’acqua: ci sono ancora paesi con strade e piani bassi inondati. Per gestire le pompe, abbiamo attivato volontari formati, dato che servono specifiche conoscenze tecniche». L’altra parte dei volontari sono invece attivi nella zona di Forlì: «Si svuotano cantine da ciò che è stato distrutto dall’acqua, si ripulisce, si portano farmaci e derrate alimentari a chi è rimasto bloccato in paesi isolati, per via del fango e delle frane, soprattutto nella zona pedemontana. In più, dopo questi giorni di emergenza, l’acqua in certi casi è diventata putrida, con rischi anche dal punto di vista igienico: è consigliato prestare attenzione anche a questo aspetto, seguendo regole precise».

Come base, i volontari dormono presso il Palazzetto dello sport di Forlì, che accoglie anche gli sfollati. «Le giornate passano sul campo, per poi rientrare la sera. Questa settimana, al posto di questo primo gruppo, arriveranno altri volontari dalle nostre sedi piemontesi. Proseguiamo giorno dopo giorno, finché ce ne sarà bisogno», conclude Rustichelli.

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Francesca Pinaffo

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