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In Turchia vince Erdogan ma dalle urne esce un Paese spaccato a metà

In Turchia vince Erdogan ma dalle urne esce un Paese spaccato a metà 6

TURCHIA Il presidente Recep Tayyip Erdogan è riuscito a vincere la sfida politica più complessa da quando è stato eletto per la prima volta vent’anni fa, nel 2003. Con il 52% dei voti ha battuto il candidato dell’opposizione, fermatosi al 48%.

La riconferma gli assicura altri cinque anni alla guida del paese. «I vincitori di queste elezioni sono tutti gli 85 milioni di cittadini della forte nazione turca», ha esordito Erdogan dal balcone del suo complesso residenziale di Beshtepe, nella capitale Ankara. Per la prima volta il presidente ha tenuto il classico discorso della vittoria dal nuovo complesso presidenziale che lui stesso si è fatto costruire e non dal balcone della sede del Partito della giustizia e dello sviluppo dove era solito parlare.

Riccardo Gasco, albese, segue le elezioni in Turchia per il suo dottorato in relazioni internazionali all’Università di Bologna. In passato ha vissuto tre anni a Istanbul. Ora si trova in Anatolia da febbraio, arrivato subito dopo il terremoto.

Il presidente ha poi continuato il suo appello alla nazione attaccando duramente la comunità Lgbtq+ e insistendo sul valore sacro della famiglia. Non a caso da quando è salito al potere, in Turchia, si è registrato un costante aumento nelle repressioni delle libertà individuali e dei diritti civili.

«Queste sono state le elezioni meno libere ed eque della storia», ha tuonato invece il candidato dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu. Se da un lato, secondo i principali osservatori internazionali il voto si sia svolto regolarmente, il terreno elettorale in cui si sono confrontati i due candidati è stato del tutto a favore del presidente Erdogan, che ha potuto sfruttare le risorse statali e un controllo quasi totale dei mezzi di informazione.

«Continueremo nella nostra lotta», ha poi affermato Kilicdaroğlu lasciando presagire che non si dimetterà dalla guida del Partito repubblicano del popolo. L’opposizione non ha comunque contestato il voto accettando il risultato che è emerso dalle urne.

La coalizione dell’opposizione, soprannominata “il tavolo dei 6” sembra aver pagato duramente la svolta nazionalista e xenofoba che si è registrata nelle due settimane di campagna elettorale che hanno preceduto il ballottaggio. La corsa ad accaparrarsi il voto della componente più nazionalista dell’elettorato ha intaccato soprattutto il supporto della componente curda che rispetto al primo turno del 14 maggio ha fatto registrare una flessione in termini di partecipazione elettorale.

Oggi si vota in Turchia: il ricercatore albese Riccardo Gasco è sul posto
Riccardo Gasco (in primo piano a sinistra) durante il comizio finale di Erdogan.

Diversi sono stati i capi di Stato che si sono affrettati a congratularsi con Erdogan per la sua rielezione. Dalla Russia agli Stati Uniti, passando per la Somalia e l’Azerbaigian, mentre il presidente francese Emmanuel Macron è stato il primo leader di un paese Nato ad augurare al capo di Stato turco un buon lavoro nel corso dei prossimi cinque anni. Sono arrivati invece in mattinata le congratulazioni del presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni.

Ciò che emerge dalle urne è un paese spaccato a metà, fortemente polarizzato, con una serie di problemi che erano stati congelati in vista delle elezioni e che il presidente era stato in grado di mascherare tramite il ricorso ad un discorso identitario. Da oggi sono diverse le questioni che il paese si troverò ad affrontare, a partire dalla crisi economica devastante che sta attraversando il paese fino alla politica estera. Ankara gioca un ruolo di primo piano in diversi conflitti che ci toccano da vicino, come quello Siriano, l’Ucraina e la Libia.

Riccardo Gasco

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