Abitare il piemontese: la parola è busa (sterco animale, solitamente bovino o equino, escremento consistente)

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ABITARE IL PIEMONTESE Chissà chi ricorda la celebre predica di don Cucàla scritta da Carlo Artuffo e interpretata da Gipo Farassino! L’agreste sacerdote, per esaltare la bellezza della Madonna esclama con accento astigiano: Teresa, la fìa dël miliné a ȓ’è la pì bela fia chi peussi trové ant ël nòst pais, ma an confront a ȓa Madòna, Teresa a ȓ’è na busa, valo bèn?

Sterco animale, solitamente bovino o equino: niente di scandaloso, niente d’innaturale. Busa prevede che la quantità di escremento sia consistente, anche qualora non sia generata dai due animali sopra citati. La parola di oggi è utilizzata in alcuni modi di dire inequivocabili: esse brut pai ‘d na busa (esser brutto come un escremento) oppure scusa, ȓ’heu piàte pëȓ na busa (scusa, ti ho scambiato per lo sterco). Filastrocche ne abbiamo! Ghita Ghita squaciarela, fa ȓ a torta ‘n mes a ȓ’eȓa; toiȓa, toiȓa con ‘n dì, tasta nen ch’at fa miȓì! Inoltre, per indicare l’inutilità di certi antichi rimedi si soleva dire busa ëd beu, busa ëd vàca, chi ch’a l’ha mal, ch’as grata, ma quando si svolge un’attività senza speranza, la metafora diventa andé a cheuje le buse daré dël tranvaj (andare a raccogliere le feci dietro il tram).

Ambusé significa, invece, cospargere l’aia di sterco diluito con acqua per apprestarla a ricevere granaglie. Busa pare provenire dal latino volgare e risulta presente in numerosi documenti latini medievali piemontesi già dei Secoli XIII e XIV: bussam (sive stercora bovinarum bestiarum). Per la diffusione galloromanza, si può confrontare con altre lingue: bouse (francese antico), bozas (provenzale), bosa o busa (occitano) e buza (franco-provenzale).

Prima di ogni rappresentazione teatrale, gli attori più scaramantici sono soliti riunirsi dietro le quinte per esclamare una parola di buon auspicio: merda! Qualcuno la ripete addirittura tre volte. Ma perché proprio questa parola? Prima dell’avvento dell’automobile, a teatro si andava con la carrozza. Più il pubblico era numeroso, maggiori erano i cavalli ad aspettare fuori, espletando i loro bisogni. A fine rappresentazione, la presenza di escrementi equini permetteva agli attori di quantificare la presenza del pubblico in sala e di conseguenza il gruzzoletto da suddividersi. Ecco perché la parola di oggi è propiziatoria. Dal letame nascono i fior!

Paolo Tibaldi

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