Campo nomadi di Alba. No alle ruspe, meglio l’inclusione

Torna d’attualità il campo Gallizio. Il sindaco Bo: «Lavoriamo a una soluzione dignitosa per tutti»

Il campo nomadi è sempre al palo: «Bo batta un colpo»
Il campo nomadi sorge in un'area a rischio esondazione: la sua demolizione è stata decisa dal tribunale

ALBA Con le ultime piogge il Tanaro è un osservato speciale e torna al centro dell’attenzione l’infinita questione del campo nomadi Pinot Gallizio. Un cittadino in una lettera a Gazzetta d’Alba ha ribadito l’ultradecennale realtà dei fatti: l’insediamento è in una zona esondabile, potenzialmente pericolosa. Molti residenti negli ultimi anni se ne sono andati, ma sulla sponda sinistra del fiume continuano ad abitare diverse famiglie, anche con anziani e bambini.

Il sindaco Carlo Bo prova a fare il punto: «Abbiamo lavorato, negli ultimi anni, con gli assistenti sociali del consorzio Alba, Langhe e Roero, per cercare di affrontare la situazione nel modo più sereno possibile, incontrando le famiglie e le persone. Il quadro è eterogeneo: alcuni continuano a vivere al Pinot Gallizio per scelta, altri vorrebbero trovare una sistemazione diversa, scontrandosi però con uno stigma sociale che rende tutto più complesso. L’aspetto positivo è che, con il dialogo, molte persone sono riuscite a trasferirsi in un contesto abitativo, iniziando una nuova vita. È vero, restano ancora diverse famiglie con le quali stiamo continuando a confrontarci per proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso anche durante l’ultimo anno di mandato: trovare per tutti una soluzione più dignitosa».

Il campo nomadi albese non è in regola: dalla costruzione abusiva di abitazioni agli allacciamenti non autorizzati, fino alla vicinanza al fiume. Negli ultimi dieci anni, si sono susseguite le sentenze di demolizione; nel 2015 la Giunta Marello ottenne anche i fondi per procedere, ma all’operazione non venne dato seguito.

«Non credo sia la strada giusta. Parliamo di un luogo abitato anche da anziani e bambini: usare le ruspe e la forza non può che generare altra tensione, in una situazione già di per sé delicata», commenta Bo. La storia del campo nomadi risale agli anni Sessanta, quando l’artista albese Pinot Gallizio mise a disposizione un terreno di sua proprietà. Fino a quel momento, i nomadi che arrivavano in città trovavano sistemazioni di fortuna, accampandosi per esempio sotto la tettoia che ospitava il mercato del bestiame. Negli anni i problemi si sono accumulati, così come le proposte, come il trasferimento in zona Vivaro. Si è parlato anche della riqualificazione dell’area lungo il Tanaro, in parte demaniale e in parte privata, con piazzole di sosta e soluzioni mobili. Sul punto Bo non ha dubbi: «Sarebbe difficile collocare il campo in qualsiasi altra zona o quartiere. L’idea è di favorire l’inclusione e permettere a queste famiglie di poter vivere in contesti migliori». «L’edilizia popolare gioca un ruolo importante in questi casi, non solo per i nomadi, ma in generale per tutte le persone in difficoltà che faticano a trovare soluzioni. A tal proposito, sono iniziati i lavori nei 13 alloggi acquistati dall’Amministrazione in Piana Biglini, per i quali è stata stipulata una convenzione con l’Agenzia territoriale per la casa: l’obiettivo è concluderli entro l’anno».

Occupati abusivamente per molto tempo, provocando non pochi danni ai residenti, gli appartamenti e sette autorimesse sono stati acquistati dal Comune, mentre la gestione spetta all’Atc, che li sta ristrutturando grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza.

 Francesca Pinaffo

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