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Migliaia di pazienti senza medico, il Piemonte è a rischio

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IL CASO Mancano medici di famiglia, con un distacco sempre più marcato tra neolaureati e pensionamenti. Purtroppo non è una novità: perché il sistema universitario torni a formare un numero adeguato di professionisti, garantendo maggiori posti nelle facoltà, ci vorranno anni. Nel frattempo, il danno è fatto e sempre più persone faticano a trovare medici nel Comune nel quale abitano.

Peraltro, gli stessi professionisti devono gestire numeri sempre più elevati di pazienti, con conseguenze che ricadono sull’assistenza. Tutto questo per una specialità, la medicina generale, che rappresenta il primo contatto di una persona con il sistema sanitario, ma che da decenni soffre per la mancanza di politiche nazionali efficaci, in grado di cambiare la situazione.
Secondo un recente report della fondazione Gimbe, nel 2025 circa 270mila piemontesi rischieranno di rimanere senza medico e solo la metà riuscirà a trovare un posto.

Lo ha denunciato, nei giorni scorsi, Domenico Rossi, consigliere regionale del Pd e vicepresidente della Commissione sanità. Rossi: «Le cause sono note: da un lato la cosiddetta “gobba previdenziale” (basti pensare che a fine 2021 la metà dei medici attivi aveva più di 60 anni), dall’altro un numero troppo basso di borse di studio ministeriali per accedere alla professione». Come per le altre specialità, anche per la medicina generale, dopo i sei anni di laurea magistrale, si prevede la specializzazione. Per iniziare a lavorare nell’ambito delle singole aziende sanitarie, il professionista dev’essere convenzionato: a differenza degli altri, i medici di famiglia non sono dipendenti pubblici, ma privati, che esercitano in regime di convenzione, come i pediatri di libera scelta.

Rossi ha puntato il dito contro le politiche regionali: «Alla luce di questa situazione drammatica e di fronte alle tante segnalazioni che ogni giorno rendono palese la carenza di medici nella nostra regione, la Giunta dovrebbe mettere in campo un piano d’interventi. Al contrario, è stata seguita una strada burocratica, alzando il massimale da 1.500 a 1.800 pazienti: si vuole aumentare il carico di ogni professionista, sapendo che il 42,3% ha già superato la soglia di 1.500 mutuati?».

Luciano Bertolusso: «Lo denunciamo da decenni»

I medici di famiglia scendono in piazza 1

Spiega il referente provinciale della Federazione italiana dei medici di base Luciano Bertolusso: «Da almeno vent’anni denunciamo la carenza di medici: oggi il danno è fatto ed è difficile immaginare soluzioni nell’immediato. Il nostro è un settore penalizzato, oberato dalla burocrazia, che rende sempre più difficile esercitare la professione: seguire 1.800 pazienti non è semplice, con ricadute sullo stesso servizio. Non a caso sono pochissimi i colleghi vicini alla pensione che continueranno fino a 72 anni, come consente la legge: la maggior parte lascerà tra i 66 e i 68 anni, creando ulteriori carenze». Bertolusso conclude: «Anche per i pazienti non è semplice: quando un medico va in pensione, occorre sceglierne un altro e quando non si hanno medici disponibili inizia la corsa a trovare posti liberi nelle vicinanze: abbiamo chiesto all’Asl di aumentare il servizio di supporto».  

Elio Laudani: ambulatori nelle case di comunità

Ma qual è la situazione nell’Asl Cn2? In questo momento, sono 108 i medici di famiglia in attività: 35 nel distretto di Bra e 73 in quello di Alba. Il numero di medici necessario viene calcolato in base alla popolazione, uno ogni mille persone. Quindi, ne mancano quattro nell’Albese e tredici nel Braidese.

Spiega Elio Laudani, direttore del distretto braidese: «La situazione è critica: purtroppo, è un problema che trascende la nostra regione, arrivando fino al livello nazionale ed europeo». I medici mancano ovunque e a essere fatale al sistema è stata la mancanza di programmazione: «Se guardiamo alla nostra Asl, nei prossimi mesi ci troveremo a fare i conti con non pochi pensionamenti, che peggioreranno la situazione. Il problema non è il numero chiuso nelle facoltà, ma il fatto che i nuovi accessi non siano stati calibrati in base alle esigenze. Abbiamo una generazione di medici prossima alla pensione e pochissimi giovani che siano pronti a sostituirli».

Si cerca di tamponare le carenze con incarichi provvisori, che possono essere assegnati a laureati che diventeranno medici di famiglia tra due anni. L’Asl Cn2 ha avanzato una proposta: offrire a medici titolari di incarichi provvisori o effettivi, che non abbiano raggiunto il massimale dei pazienti, di aprire un ambulatorio nelle attuali case di comunità di Alba, Bra e Cortemilia.

«Pensiamo a chi, avendo meno mutuati, sia disponibile a spostarsi nelle case di comunità per ore aggiuntive a quelle che esercita già nel proprio studio, così da ampliare il servizio», dice Laudani. 

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Giulia Parato

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