Situazione difficile per le nocciole, parola di Cia Cuneo

Il direttore provinciale Igor Varrone esprime la preoccupazione per il futuro delle aziende che in questi anno hanno investito sulla nocciola

Situazione difficile per le nocciole, parola di Cia Cuneo

ALBA Sono 9mila in Piemonte le aziende che coltivano nocciole. La Granda è la prima provincia sul territorio regionale, con 4.700 aziende del settore e oltre 16mila  ettari occupati dalla coltura.

Come sta andando la stagione produttiva 2023?

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Il direttore provinciale Cia Igor Varrone

Risponde il direttore provinciale, Igor Varrone: «Il settore deve fare i conti con una crisi senza precedenti. Siamo preoccupati perché, nonostante le piogge di maggio, le successive condizioni meteo troppo siccitose e il sensibile calo delle produzioni stanno mettendo fuori gioco la coltivazione della Nocciola Igp Piemonte. Provocando pesanti difficoltà per le aziende agricole che, in questi anni, hanno investito nel comparto. Le piante sono andate in sofferenza, riducendo le quantità raccolte fino al 40% rispetto alle ultime stagioni. A questo si aggiunge il prezzo di vendita che rischia di diventare insufficiente a coprire le spese, mandando molti impianti fuori mercato».

Il problema, al momento, è anche la mancanza di una quotazione ufficiale?

«È un pessimo segnale. Questo significa che il mercato non è più locale, ma globale. Quindi non si sa chi è a stabilire il prezzo. Per le nostre aziende una quotazione globale non è accettabile, perché le nocciole prodotte in Piemonte e in provincia di Cuneo hanno qualità pregiate ed eccellenti, però rese non elevate. Di conseguenza, non possono competere con le varietà da produzione intensiva. Così corriamo il pericolo di perdere la Nocciola dell’Alta Langa».

Quale deve essere il prezzo della Nocciola Igp Piemonte per essere remunerativo?

«Se non si raggiunge almeno una quotazione minima di 350 euro al quintale, quindi superiore ai 9 euro per punto resa, la produzione non è sostenibile. Soprattutto nelle zone di collina più marginali dove la coltura ha offerto un’opportunità di lavoro che, al contrario, sarebbe stata difficile da trovare».

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