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Apre la mostra Verticale di Massimo Ricci allo spazio S’Art (INTERVISTA)

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ARTE Dal 21 ottobre al 5 novembre lo spazio S’Art di Alba, in via Gazzano 3a, ospiterà Verticale, la mostra dell’artista nicese Massimo Ricci. L’esposizione – che sarà inaugurata sabato 21 ottobre alle 17 – prende il nome dal formato dei dipinti realizzati in acrilico. Una serie che sfrutta la verticalità per spingersi oltre la proporzione usuale creando una personale ragione compositiva.

Verticale alterna elementi paesaggistici a figure femminili in composizioni tra il figurativo e l’astratto la cui intenzione verticale rimane l’unica vera protagonista. Massimo Ricci, che vive e lavora a Nizza Monferrato, si è formato in campo artistico lavorando a fianco degli artisti della scuola astigiana. Dopo aver frequentato lezioni di figura presso l’Accademia di Belle arti di Genova ha affiancato l’attività pittorica a esperienze nel campo dell’illustrazione e della grafica.

La mostra sarà visitabile ogni sabato e domenica dalle 11 alle 18 presso lo spazio S’Art, il laboratorio sartoriale e artistico di Valentina Aceto e Martina Zeppegno nato nel 2022.

Massimo Ricci: «Siamo tutti influenzati dalle forme del paesaggio in cui viviamo»

Apre la mostra Verticale di Massimo Ricci allo spazio S'ArtQuando inizia il tuo interesse per l’arte e la pittura?

«Ho sempre disegnato, sin da bambino. Mio padre era molto appassionato di pittura, frequentava molti artisti che mi hanno consigliato di provare quella strada. L’illustrazione è stata una bella palestra, ho lavorato per alcuni editori come La Stampa e Rizzoli e ho illustrato molta scolastica. Ho anche realizzato una lunga stagione di copertine astratte».

Le opere della serie Verticale sembrano un mix tra astratto e figurativo. Quale delle due espressioni ti rappresenta di più?

«L’astratto mi piace ma sono sempre stato piuttosto figurativo. Nella mia pittura c’è sempre stato il racconto dell’immagine. Ma la finalità di raccontare la realtà è un pretesto per un linguaggio stilistico fatto di segni. Mi sento figurativo ma con un’astrazione linguistica di fondo che viene fuori sia nel paesaggio che nella figura».

Quale tecniche utilizzi?

«Uso quasi esclusivamente l’acrilico. Negli anni si è sviluppata una qualità che un tempo era impensabile. L’acrilico è un colore estremamente duttile che può essere diluito e usato come un acquerello o in maniera materica come un olio grasso. Una volta asciutto diventa bellissimo, plastifica, è brillante, molto moderno. Lo uso su diversi supporti, dal legno alla carta».

Perché hai scelto di realizzare una serie di opere sul tema della verticalità?

Apre la mostra Verticale di Massimo Ricci allo spazio S'Art (INTERVISTA)«Si tratta di un pretesto, come tutte le cose che faccio. La verticalità è un tema dimensionale, non contenutistico, è un tema spaziale che ti costringe e invoglia a fare delle cose con un criterio diverso dal formato normale. Può anche essere una forzatura concettuale per capire come si affacciano le cose in questo spazio. Le figure femminili sono inserite in modo compositivo, anche non interamente. Nel caso del paesaggio la sfida è quella di riuscire a rendere la profondità in uno spazio così ristretto. Il piano visuale, ancor prima di quello del racconto, è il vero protagonista. Il contrasto luministico è uno dei registri della mostra. La figura umana, ma anche gli elementi del paesaggio come le foglie, vengono definite attraverso le parti in luce».

Ci sono degli autori o delle correnti artistiche che hanno influenzato il tuo stile?

«Mi piace molto la pittura francese del primo ‘900, i Fauves, gli impressionisti, i postimpressionisti. Sento anche l’influenza della pittura italiana del dopoguerra o di Casorati. Studiando l’arte più si arriva verso i giorni nostri e più tutto si frammenta. Le grandi correnti si sono disintegrate in un’occasionalità contingente dove tutto è più individuale».

Il paesaggio, insieme alla figura femminile, è protagonista di tutte le tue opere. Che importanza riveste il territorio?

«Io sono figlio di questo territorio e si vede nella mia pittura. Non lo considero provinciale, ogni luogo è un luogo del mondo. Per me il paesaggio è una fonte di pittura contemporanea. Vivere il proprio territorio è giusto, contemporaneo, soprattutto se lo scegli e non lo subisci. La Langa deve essere fonte ma non ricettacolo, la sua storia nei miei dipinti diventa segno. Anche se non ce ne rendiamo conto siamo tutti influenzati dalle forme del paesaggio in cui viviamo».

Sfide per il futuro?

«Spero di continuare ad avere la forza di essere sempre me stesso, di dipingere quello che sarò domani. Voglio fare un augurio a me e a tutti gli artisti, quello di essere sempre leggermente diversi rispetto al giorno prima ma senza rinnegarsi».

Giorgia De Carolis

 

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