L’arte di ascoltare un mondo e una comunità che cambiano

Il vescovo Marco, con la Messa di sabato 20, inizia gli incontri a Cherasco e Narzole

L’arte di ascoltare un mondo e una comunità che cambiano
Il santuario Madonna del popolo a Cherasco, dove ci sarà la Messa d’inizio della visita

VISITA PASTORALE A CHERASCO E NARZOLE   Il vescovo di Alba, Marco Brunetti, negli ultimi mesi del 2023 ha intrapreso la sua prima visita pastorale nelle comunità della diocesi. Un lungo viaggio di incontro con le realtà del territorio, con le persone e le loro difficoltà, che durerà fino al 2025, visitando in totale le 8 vicarie con le loro 28 unità pastorali e 126 parrocchie.

Obiettivo dell’itinerario è raccogliere i sentimenti e le paure, le idee e le riflessioni di ogni giorno della comunità ecclesiale, per poter pianificare un futuro nuovo.

All’inizio di dicembre 2023, si è conclusa la visita delle quindici parrocchie appartenenti alla vicaria di Cortemilia. Tra gennaio e febbraio del 2024, invece, sarà la volta della vicaria di Cherasco: una realtà che al suo interno racchiude dieci parrocchie e interessa circa 13mila abitanti.

Parliamo con don Daniele Mollo, vicario foraneo di Cherasco. Sacerdote 43enne, don Daniele è parroco a Cherasco Roreto, Bricco, Cappellazzo e Veglie; inoltre è consigliere ecclesiastico della Federazione provinciale della Coldiretti, membro del Consiglio presbiterale e del Collegio dei consultori nella diocesi di Alba.

Dalla sua prospettiva, qual è il significato profondo della visita pastorale del vescovo nella diocesi?

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Don Daniele Mollo

«Sintetizzerei il senso di questo cammino nella parola “ascolto”. Della comunità, delle persone e delle loro esigenze, dei cambiamenti in corso nelle aree territoriali. Viviamo un momento storico di cambiamento su molteplici fronti: in questa fase la pratica dell’ascolto appare necessaria e imprescindibile per poter impostare nuove logiche di lavoro e di relazione. Le trasformazioni sociali ci inducono alla riflessione, per capire come ripartire».

In che modo si manifestano questi cambiamenti?

«Un tempo la visita pastorale, per esempio, generava un fervore diffuso e generalizzato. A livello simbolico ed emotivo si trattava di un evento sentito e atteso su larga scala. Oggi questo sentimento appare piuttosto ristretto e riguarda soltanto alcune fasce della popolazione. Nel nostro territorio abitano molte persone, ma si tratta, nella maggioranza dei casi, di famiglie di passaggio, in transito o comunque arrivate qui per ragioni lavorative contingenti. È come se si fosse indebolito il legame di appartenenza, quel senso delle radici che lega e quindi consente di “sentire” il luogo di vita come qualcosa di proprio, di intimo, di significativo. Nelle realtà piccole il quadro è differente: i residenti dei paesini mostrano un senso di affezione al luogo più marcato, in qualche modo partecipano alla tradizione o ai momenti di incontro in maniera più viva».

A proposito di processi vitali, di forze che abitano il territorio in maniera positiva ed evolutiva, quali sono, a suo avviso, le risorse della comunità in cui si trova a operare?

«Esiste una grande e attiva rete di associazionismo, di volontariato, di persone che lavorano per il benessere e lo sviluppo del territorio. Questa vitalità relazionale e operativa rende le nostre comunità dense di creatività e opportunità. Per quanto riguarda le nuove generazioni, riscontriamo difficoltà, come accade ovunque, nell’accesso al mondo religioso».

Il senso della fede si sta indebolendo, a suo avviso, su un piano collettivo?

«Non penso si stia indebolendo in senso assoluto. Tuttavia, dal punto di vista quantitativo dopo il periodo della pandemia abbiamo riscontrato un minor investimento emotivo nella vita religiosa da parte di molti nuclei familiari o persone che prima frequentavano la parrocchia. Tante persone non hanno potuto o non sono riuscite a mantenere il legame. Tra i 50 e i 60enni esiste uno zoccolo duro, una maggioranza di cittadini attivi e partecipi, mentre i giovani sono coinvolti in misura notevolmente inferiore».

Roberto Aria

Religiosi, preti, diaconi e fedeli nelle comunità locali

VISITA PASTORALE Nella vicaria di Cherasco sono presenti numerose realtà industriali e produttive, oltre a consolidate attività culturali e artistiche.

In questo contesto, l’attività pastorale di sacerdoti, diaconi e religiosi/e è significativa. Sono infatti presenti a Cherasco le suore Somasche, dedite a formazione e insegnamento. Mentre a Narzole operano i padri Somaschi con la fondazione Villaggio della gioia per l’accoglienza, e le suore di Sant’Anna della Provvidenza che gestiscono la scuola materna. A Narzole, inoltre opera la Casa accoglienza legata alla comunità Papa Giovanni XXIII di don Benzi. Nelle 10 parrocchie a svolgere attività pastorale ci sono: a Cherasco con le frazioni San Bartolomeo, San Martino e Picchi: don Filippo Torterolo, don Bartolomeo Rinino e padre Mathieu Htahizaniye; nell’Oltrestura operano don Daniele Mollo, padre Francesco Fissore, don Antonio Tarabra, monsignor Gianni Manzone e il diacono Mario Levrone.

A Narzole ci sono don Angelo Carosso, don Giulio Morando e il diacono Giovanni Battista Cravanzola; mentre a Monchiero don Carosso è coadiuvato da don Luca Bravo, dal diacono Nicolò Scalabrino e dalle suore del Todocco.

Sono dieci le parrocchie per i tredicimila abitanti nel territorio di 3 Comuni

La vicaria di Cherasco è retta dal vicario don Daniele Mollo. Ha un totale di 13.042 abitanti, con dieci parrocchie distribuite in tre unità pastorali (UP 14 – Cherasco,
UP 15 – Oltrestura, UP 16 – Narzole).La vicaria abbraccia il territorio di tre Comuni:

  1.  Cherasco (San Pietro – San Bartolomeo – San Martino – Picchi, e Oltrestura: Roreto – Bricco – Cappellazzo – Veglia),
  2. Narzole
  3. Monchiero.
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