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1994-2024 / La grande sfida della ricostruzione dopo l’alluvione, Gobino: «Nessuno era preparato»

1994-2024 / La grande sfida della ricostruzione dopo l'alluvione, Gobino: «Nessuno era preparato»
Foto Buccolo

ALBA Se Enzo Demaria è ricordato da tutti come il sindaco dell’alluvione, Giuseppe Gobino è stato l’assessore alla ricostruzione. Già ingegnere dell’impresa Barberis, Gobino venne nominato come tecnico da Demaria dopo la rielezione nella primavera del 1995 e rimase in carica fino al 1999, ricoprendo, dall’ottobre del 1997, il ruolo di vicesindaco.

La delega era alle opere pubbliche, ma, a pochi mesi dal disastro, serviva ricostruire e mettere in sicurezza. «La cosa più urgente era capire cosa fare e iniziare a progettare. C’erano molte aspettative da parte dei cittadini, com’è intuibile. Era necessario trovare dei progettisti all’altezza e reperire i fondi. Fortunatamente le istituzioni ci sono state vicine, comprendendo l’entità dei danni e l’importanza della città», racconta oggi Gobino.

Con una viabilità locale devastata dalle frane, le difese spondali del Tanaro da sistemare e tre torrenti (Talloria, Riddone e Cherasca) da rendere sicuri lungo tutta l’asta fluviale – Alba seguì i progetti anche per i tratti a monte della città, nominando un gruppo di lavoro tecnico per ciascun corso d’acqua –, si doveva partire quasi da zero.

1994-2024 / La grande sfida della ricostruzione dopo l'alluvione, Gobino: «Nessuno era preparato» 1«L’alluvione ha dimostrato che nessuno, all’epoca, era preparato: apparato statale, politici, amministratori, tecnici e imprese. Per quanto riguarda i geologi, purtroppo non erano molti ed erano poco considerati», prosegue.

«La Direzione del suolo della Regione fu preziosa nel fare da tramite con il magistrato del Po (l’attuale Aipo, nda). Siamo riusciti a ottenere molto: abbiamo fatto del nostro meglio», sottolinea ancora Gobino, ricordando le molte conferenze dei servizi, nelle quali si doveva confrontare con diversi interlocutori, dall’Anas alle Ferrovie, fino alla Soprintendenza.

Gli anni tra il 1996 e il 1998 sono stati quelli dei cantieri: «Le procedure erano più rapide, vista l’emergenza». Il bilancio, nonostante le difficoltà, è pertanto positivo. «L’esperienza del post alluvione ha fatto crescere progettisti e operatori, oltre a fare germogliare la cultura della Protezione civile. È migliorata la preparazione degli addetti e delle stesse imprese. Sono progressi importanti, anche di fronte a un clima che sta cambiando. Sono figlio di contadini: i miei genitori guardavano il cielo prima di fare i lavori in campagna. Credo che lo debba fare anche chi opera nel campo dell’edilizia».

A distanza di trent’anni, precisa Gobino, resta da realizzare una delle più importanti tra le opere previste: «Manca il bacino di laminazione sul Tanaro, ma servono spazi grandi e sono aree non semplici da gestire».

Nella notte tra il 5 e il 6 novembre, l’ingegnere non era ancora assessore, ma abitava a poca distanza dal fiume: «Sentivo da casa le grida delle persone aggrappate agli alberi. È stato un dramma, ma la città ha reagito bene».

 Corrado Olocco

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