
ABITARE IL PIEMONTESE Nei primi dodici giorni dell’anno la civiltà contadina piemontese appuntava sul calendario il meteo del giorno e, in questo modo, c’era chi associava quei dodici giorni ai rispettivi mesi dell’anno per prevedere un andamento atmosferico, chissà quanto attendibile. Abitare il piemontese si propone di affrontare un approfondimento sui mesi a cominciare da Gené che, oltre a essere un verbo indicante l’inibizione o la soggezione di qualcuno, rappresenta gennaio. Il calendario romano originariamente era più breve di quello gregoriano, in quanto l’inverno era considerato un periodo senza mesi. Numa Pompilio intorno al 713 A.C. aggiunse gennaio e febbraio, fissandoli come i primi mesi dell’anno. Nel XVI Secolo cominciò a diffondersi in alcuni paesi cristiani l’usanza di far iniziare l’anno sette giorni dopo il Natale (con la circoncisione di Cristo): tale data venne estesa nel 1582 a tutto il mondo cattolico da papa Gregorio XIII con la riforma del calendario che da lui prende nome. Gené (in latino Ianuarius) deriva dal dio romano Giano (Ianus), divinità preposta alle porte e ai ponti che, in generale, rappresentava ogni forma di passaggio e mutamento. Gennaio è, quindi, il mese che apre le porte al nuovo anno, tanto che il sostantivo latino ianua corrisponde all’italiano porta.
Alcuni proverbi e modi di dire piemontesi che richiamano Gené e i suoi dì ‘d màȓca (i giorni significativi): ȓ’Epifania tute ëȓ feste a pòrta via (l’Epifania chiude il tempo del Natale, è l’ultima festa fino a Pasqua); A ȓ’Epifania ëȓ giornà së slongo aȓ pàss ëd na fiȓmìja, a san Bastian së slongo aȓ pass d’ën can (all’Epifania le giornate s’allungano al passo di una formica, a san Sebastiano si allungano al passo di un cane); Sant’Antoni dij batù fame tȓove lò che ȓ’heu perdù (quando si smarriva qualcosa s’invocava uno dei santi più amati dalla civiltà contadina); Sant’Antòni, San Bastian , Sant’Agnese a ȓ’indoman (sequenza dei tre grandi santi d’inverno: 17, 20 e 21 gennaio); S’e-i cor ȓa buȓia a gené, chi ch’o ȓ’ha gnun-e careȓe ch’oi fàssa fé (se scroscia l’acqua a gennaio, chi non ha botti se le faccia fare); Avej ij polastȓin ëd gené (avere i figli in tarda età); Gené o fa ij pont, fëȓvé ò ch’oi feȓma ò ch’oi romp (gennaio fa i ponti, febbraio o li ferma o li rompe); Chi o veuȓ avej ‘n bon ajé ch’o ȓo pianta ‘d gené (chi vuole avere del buon aglio lo pianti a gennaio). Gli ultimi tre giorni di gennaio poi, sono detti dì dȓa merla (giorni della merla): secondo la tradizione popolare sarebbero i più freddi dell’anno. In quei tre giorni, dice la leggenda, una merla dal piumaggio bianco, per ripararsi dal freddo intenso e improvviso, si rifugiò in un camino diventando così tutta nera.
Paolo Tibaldi
