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LETTERA / Il Papa è un “buonista” perché va a celebrare il Giubileo anche con i carcerati a Rebibbia?

LETTERA AL GIORNALE Egregio direttore, durante le feste natalizie abbiamo assistito al- l’apertura della Porta santa in San Pietro per il Giubileo 2025. Un evento che ha avuto risonanza mondiale e attirato molti pellegrini a Roma: se ne prevedono addirittura una trentina di milioni nel corso di quest’anno. Immaginiamo con quali conseguenze per il traffico cittadino. C’è però un aspetto che ha distratto l’attenzione, allorché il Papa si è recato a Rebibbia per aprire la seconda Porta santa del Giubileo, tra politici, personalità delle istituzioni e, ovviamente, i detenuti. In quelle celle ci sono persone che ne hanno combinate di tutti i colori, criminali di ogni specie, che non credo si siano mai, e tantomeno lo faranno adesso, ispirati propriamente al Vangelo.

Pur facendo la tara, tra detenuti in attesa di giudizio e detenuti già condannati, nelle carceri circola un’umanità poco esemplare dal punto di vista cristiano. E allora mi chiedo: non è, quello del Papa, un atteggiamento fin troppo buonista, attento ai carnefici piuttosto che alle loro vittime? Quale impressione può suscitare la presenza del Papa in famiglie che hanno subito violenze e ingiustizie magari a opera di quegli stessi detenuti? Il carcere non è un hotel con tutti i comfort e, ovviamente, comporta dei disagi, altrimenti che pena sarebbe? Se viene meno anche la certezza della pena, chi ci salverà più dal crimine e dall’insicurezza che rendono impraticabili i luoghi pubblici delle nostre città?

 Oreste C.B., Alba

Il Papa è un “buonista” perché va a celebrare il Giubileo anche con i carcerati a Rebibbia?
Papa Francesco apre una porta nel carcere di Rebibbia a Roma.

Gentile signor Oreste, grazie della lettera, con la quale non siamo d’accordo, perché lascia trasparire molti luoghi comuni e scarsa conoscenza di cos’è un Anno santo. Già nel numero natalizio avevamo illustrato il significato del Giubileo, il cui inizio abbiamo celebrato in diocesi il 29 dicembre. Basterebbe solo fare riferimento alle parole di Gesù, che ai suoi contemporanei diceva di non essere venuto «per i giusti, ma per i peccatori». E siccome peccatori, più o meno, lo siamo tutti, nessuno può essere escluso a priori dall’offerta di salvezza che Dio fa, neanche i carcerati e i criminali più incalliti: l’esempio ce l’ha dato Cristo con il ladrone crocifisso accanto a lui («In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso»). C’è poi un secondo aspetto da considerare e riguarda i metodi di punizione per chi viola la legge (vedi anche alle pagg. 14-15). Per alcuni si invocano pene esemplari (e vendicative), mentre per altri, anche quando si macchiano di crimini gravi, si invocano tutte le attenuanti possibili. Così, paradossalmente si finisce con il classico ladro di polli che si becca sempre la galera, mentre il criminale dal colletto bianco al massimo si becca i lavori socialmente utili: una rapida scorsa delle cronache giudiziarie del nostro Paese offrirebbe abbondanti esempi in proposito. Purtroppo nell’opinione pubblica, artatamente insufflata, cresce questa visione punitiva e vendicativa della pena verso alcuni reati, mentre viene anestetizzata la coscienza sulla gravità di altri. Il risultato sono le carceri piene di poveri cristi che non possono permettersi neanche un avvocato che allunghi il processo almeno fino alla prescrizione, come invece succede in altri casi ben noti. Se il Papa (e con lui la Chiesa) inquieta le coscienze e mette in dubbio i modelli di giustizia e detenzione praticati, usando misericordia per chi ha sbagliato e potrebbe essere recuperato, ben venga. Compresi quei provvedimenti come l’amnistia per alcuni reati o lo sconto della pena in strutture rieducative (specie per i giovani). Il guaio è che a perseguire una politica di formazione e prevenzione, oltre che di rieducazione, verso chi ha sbagliato, anziché di punizione, risulta meno propagandistico ed è una politica da statisti, non da politicanti che guardano alle prossime elezioni e confondono i veri problemi della giustizia con la separazione delle carriere dei giudici.  g.t.

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