
ALBA Il premio Anna Kuliscioff, assegnato ogni anno dalla fondazione omonima, è un prestigioso riconoscimento a giovani medici che si siano distinti nel campo della ricerca. Il 20 dicembre scorso, tra i premiati dell’edizione 2024, era presente anche Paola Marolo, specialista in oftalmologia e ricercatrice all’Università di Torino. A lei il nostro settimanale ha chiesto di raccontarci la sua esperienza e il suo impegno di dottoressa e ricercatrice. Iniziando, naturalmente, dal suo rapporto con Alba.
«Mio padre è un produttore di grappa, mia madre un’insegnante e il legame con queste tradizioni familiari mi ha trasmesso il valore dell’impegno, della precisione e dell’operosità. Alba è la mia radice e la mia ispirazione: una città che incarna il lavoro silenzioso ma tenace, quello che porta a costruire risultati concreti con pazienza e dedizione. Questo spirito mi accompagna nella mia attività di dottoressa e di ricercatrice».
Come è nata la sua vocazione in campo medico?
«È nata dalla volontà di aiutare concretamente le persone, un desiderio che si è fatto strada già durante la mia infanzia. L’oftalmologia, in particolare, è una disciplina che mi ha sempre affascinata: gli occhi non sono soltanto un mezzo per vedere, ma sono il ponte tra noi e il mondo intero, il riflesso delle nostre emozioni e delle storie che viviamo. Attraverso gli occhi percepiamo la bellezza, cogliamo i dettagli, incontriamo gli sguardi degli altri e costruiamo delle relazioni. Essi sono una fonte di luce e di connessione, ma offrono anche una rappresentazione della nostra interiorità. Pertanto proteggere la nostra vista significa preservare una parte fondamentale dell’esperienza umana».
Cosa può spiegare ai nostri lettori in merito alla sua attività professionale?
«Dopo essermi laureata in medicina e chirurgia nel 2016 all’Università di Torino, ho scelto di specializzarmi in oftalmologia, ho svolto un periodo di perfezionamento all’estero, in Canada, e attualmente lavoro nella Struttura complessa di oculistica universitaria dell’Aou Città della salute e della scienza di Torino, all’ospedale Molinette, diretta da Michele Reibaldi. Qui mi occupo di patologia vitreo-retinica e di ricerca applicata all’attività clinica».
Quale è stata la motivazione del premio?
«La menzione d’onore mi è stata assegnata dall’Università di Milano per il mio curriculum scientifico post-laurea, che comprende oltre 40 pubblicazioni su riviste internazionali e numerose presentazioni a congressi nazionali e internazionali. Questo premio, intitolato a una pioniera della medicina e dei diritti delle donne, è per me un onore immenso e un grande stimolo a proseguire il mio lavoro con passione».
A quali attività si sta dedicando attualmente?
«Oggi mi dedico a progetti volti a perfezionare le tecniche chirurgiche e a ottimizzare la gestione post-operatoria di patologie come la cataratta, la membrana epiretinica, il foro maculare, il distacco di retina e altre condizioni oculari complesse. Gli obiettivi sono molteplici: da un lato, garantire ai pazienti una qualità della vita migliore, dall’altro, ridurre i tempi di recupero e minimizzare il rischio di complicanze post-operatorie».
Beppe Malò
