PENSIERO PER DOMENICA – SECONDA DI PASQUA – 27 APRILE
Nei tempi forti dell’Anno liturgico, l’offerta di parola di Dio è ridondante: quasi a suggerire che ci sono modi diversi di vivere la Pasqua. Possiamo incontrare il Risorto nelle nostre chiese, nel chiuso del Cenacolo (Gv 20,19-31), nei luoghi di ritrovo delle nostre città, come sotto il portico di Salomone a Gerusalemme (At 5,12-16) o in un qualche centro di preghiera, simile all’isola di Patmos dell’Apocalisse (1,9-19). Il protagonista dell’ottava di Pasqua è però Tommaso.

Gesù aiuta a vincere la paura. Questa ha radici profonde nell’animo ed è quasi impossibile estirparla. Nemmeno l’annuncio della risurrezione di Gesù era riuscito a rimuoverla, se è vero che «la sera di quel giorno» i discepoli tenevano ancora chiuse le porte del cenacolo. E «otto giorni dopo», in occasione della seconda apparizione di Gesù, presente anche Tommaso, erano ancora lì. La paura è pessima consigliera. Gli esempi sono infiniti. Ne citiamo due, attuali: la paura che alimenta il business delle scommesse illegali o che genera la disumanità dei centri di accoglienza e detenzione dei migranti. La paura rende l’uomo inferiore alle bestie, molto più crudele: è stato il richiamo di Francesco nell’enciclica Dilexit nos e del cardinale Repole nell’intervista a La Stampa. L’opposto della paura è la pace, dono del Risorto: «Pace a voi».
Gesù vince i dubbi: quelli di Tommaso e i nostri. La vicenda di questo apostolo è molto consolante: se, e quando, facciamo fatica a credere siamo in buona compagnia! Gesù vince i dubbi mostrando non un volto sfolgorante che compare in mezzo a candelabri d’oro, ma le ferite dei chiodi e della lancia del soldato. Anche oggi il luogo privilegiato della rivelazione del Risorto non sono le scene di trionfo, ma le ferite dell’umanità. «Se un uomo soffre, là ci sei tu»: era un canto dei nostri anni giovanili, forse non eccelso dal punto di vista musicale, ma molto vero.
Gesù sana le divisioni tra fede e vita. Se escludiamo l’Apocalisse (che va interpretata!), nel Nuovo testamento non vengono descritte liturgie solenni, ma tanti gesti concreti di carità e attenzione all’altro. I discepoli hanno pensato che il modo migliore di «festeggiare» il ritorno del Risorto fosse continuarne l’opera: la predicazione del Vangelo e l’attenzione ai malati, agli ultimi nella scala sociale, persone che non potevano essere curate. Il pensiero va spontaneamente agli ospedali di Gaza, bombardati da Israele. Se il Risorto apparisse oggi andrebbe lì. Coloro che curano questi malati, sfidando le bombe sono i successori di Pietro e degli apostoli.
Lidia e Battista Galvagno
