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Abitare il piemontese: la parola della settimana è Gòȓba (corba, cesta, canestro)

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ABITARE IL PIEMONTESE Tra lo sconfinato numero di parole piemontesi che indicano i contenitori, oggi ne approfondiamo una in particolare, suggeritaci involontariamente in Germania. Siamo stati in Baviera per un progetto di divulgazione culturale italiana e raccontando il rito tradizionale piemontese del canté j’euv, durante la video proiezione del passaggio canoro Dene dene dene dj’euv deȓ vòstȓe galin-e, ij avsin a ȓ’han ben dì che ȓ’evi eȓ gòȓbe pin-e, i sottotitoli in tedesco riportarono la parola körbe per tradurre gòȓbe. Molto simili, che sorpresa!

La gòȓba è una particolare cesta a forma di canestro solitamente realizzata in vimini, giunchi o strisce di legno intrecciate dal goȓbé, il cestaio artigiano. Il suo uso è deputato al trasporto di frutta o ortaggi. Goȓbà diventa anche un’unità di misura per quantificare il materiale contenuto nella stessa. Qualcuno scherza così sulla propria veneranda età: ȓ’at vàȓi agn? Na gòȓba e ‘n cavàgn (quanti anni hai? Un canestro e un cestino).

Sull’etimologia, la famiglia lessicale è riconducibile al latino corbem (corba, cesto di vimini), di origine indoeuropea. Il lemma indica appunto una cesta emisferica, costruita con giunchi, fissata sul basto con le funi. È una voce conosciuta e diffusa anche in Liguria e in tutta l’area italiana, iberoromanza e occitana, oltre che tedesca, come appurato.

Un candidato, quando non viene eletto, si dice che o resta ant ȓa gòȓba, alludendo alla mancata estrazione del proprio nome che rimane appunto nel cestino. Sautè ‘d val ën goȓbela significa invece ciò che in italiano traduciamo con saltare di palo in frasca. La goȓbela è evidentemente un diminutivo di gòȓba, mentre l’accrescitivo è il goȓbon o goȓblon, il cestone adatto a diversi usi: per i bachi da seta era in vimini grezzi, con sezione tondeggiante e un po’ rigonfio e senza maniglie, alto circa due metri, del diametro di circa 50 centimetri; veniva chiuso con una tela legata intorno da una cordicella.

In senso figurativo, la parola di oggi indica anche un bambino irrequieto, quando non impertinente; la goȓbin-a invece è la prigione, giacché rimanda alle dimensioni ristrette della cella, percepita non più grande di una cesta, dov’è costretto a vivere il detenuto.

Paolo Tibaldi

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