
ABITARE IL PIEMONTESE Nella cultura cristiana maggio è il mese dedicato alla Madonna attraverso il rosario. O piov, o fa so’, ȓa Madòna a và pëȓ fio’, a no fa ‘n bel massolin a-i ȓ’o pòrta ao sò ninin: chi ȓo sa chi ȓo dis, ȓa Madòna a ȓ’è ‘n paȓadis. Il nome maggio trae origine dal mese dell’antico calendario romano maius, dedicato alla divinità Maia, simbolo di abbondanza e fertilità, nonché madre terra. Nei riti antichi, il primo giorno di maggio, il flamine di Vulcano sacrificava in onore di Maia, sua moglie secondo la religione romana. Questa tradizione, che celebra la primavera, vive ancora oggi nelle feste del Calendimaggio, di Beltane e della notte di Valpurga, opposte alla commemorazione dei defunti di novembre. Il pianté màgg (piantare l’albero di maggio) è un rito di fecondità che celebra il risveglio della natura, risalente a culti arborei antichissimi, quando superstizioni popolari dominavano le credenze e si invocavano divinità nascoste tra le fronde per garantire buoni raccolti.
Ancora oggi nel Roero, nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio, alcuni borghigiani si avventurano nei boschi alla ricerca del pino silvestre più alto e bello, che abbatteranno per trasportarlo nel centro del paese. Qui, lo preparano per il rito, scortecciandolo e adornandolo con nastri e fiori colorati, simbolo del risveglio primaverile e della festa della natura. L’albero viene innalzato al centro della piazza, a beneficio della comunità, mentre in alcuni luoghi si svolge anche l’innesto, rappresentante l’unione tra maschile e femminile, celebrando il risveglio dei sensi amorosi portato dalla primavera. Questo rito è seguito dal canté magg che celebra l’arrivo della stagione primaverile, eredità delle antiche festività romane degli Ambarvalia.
Su maggio hanno qualcosa da dire anche i proverbi della tradizione contadina. Aȓ meis ‘d Maȓìa a-i ven ȓa fiȓmìja (nel mese di Maria viene la formica); eȓ neuv ‘d magg eȓ coco o chita ‘d canté (il 9 maggio il cuculo cessa di cantare); ȓa caudeȓa ‘d màgg a beuj (avvisaglia di caldo, spesso accompagnato dal ronzio degli insetti); ȓa tempesta ‘d màgg a pòrta via vin, pan, e foȓmàgg (la tempesta di maggio porta via pane vino e formaggio); magg brun miche spësse, longhe ëȓ sin-e, curte ëȓ mësse (maggio scuro, pagnotte spesse, lunghe le cene, corte le messe); meis ëd màgg fȓesch e bagnà, o ȓ’è bon pëȓ ȓa vigna e pëȓ ëȓ pȓà (mese di maggio fresco e bagnato è buono per la vigna e per il prato); ȓa pieuva’d magg a fa chërse ȓ’eȓba e calé ‘ȓ gȓan (la pioggia di maggio fa crescere l’erba e scendere il grano). Nella natura, infatti, si trovano molte parole che connotano il nome di maggio: dal magengh (maggese, fieno maggengo e prodotti agricoli in genere di maggio), sino alla magiostȓa, il fragolone, frutto tipico che matura proprio in questo mese.
Paolo Tibaldi
