INTERVISTA Sul coraggio, merce rara in quest’era digitale e tecnologica che frappone distanze tra le persone e i pericoli, riflette Paolo Crepet nel suo ultimo saggio, pubblicato per i tipi di Mondadori, che sarà presentato nella mattinata di domenica 14 gennaio, a Canale, nel corso del raduno dei trifolao.
Ventiseiesimo volume di una variegata saggistica del noto psicologo e sociologo, Il coraggio ha tre verbi come sottotitolo: vivere, amare, educare. «Perché il coraggio è essenziale per queste tre azioni, per viverle pienamente. È necessario per esporsi nell’amore, per schierarsi nella vita, per essere genitore, per sfidare il futuro. Per essere autentici e trasparenti nell’espressione e nella comunicazione».
Appunto, la comunicazione. Anche partiti politici sono stati al centro di polemiche per scarsa trasparenza. Cosa ne pensa?
«La tecnologia ci induce a comunicare senza un’interfaccia umana, dunque senza l’apparente rischio di comprometterci direttamente. E se nel privato questo genera storture – e non si ha il coraggio di interrompere una relazione se non con un sms o ci si permette di criticare ferocemente gli altri sui social network – tanto più degenera nella politica. Non vede quanto si fa uso della polemica? Semplicemente per generare click. Perché ogni click aumenta la pubblicità e i profitti. Anche per i partiti».
Ci vuole coraggio per dichiararlo.
«La polemica sul Web è pericolosa. Ogni settimana qualcuno è esposto al pubblico ludibrio, senza possibilità di contradditorio, a volte senza prove. Può essere un modo per demolire una persona, un sistema, un’idea. Temo cosa accadrà nei prossimi due mesi, in vista delle elezioni».
Vede un’Italia alla deriva? «Ricordo molto bene la lotta di classe che si accaniva contro chiunque emergesse per talento e trovo parallelismi sconcertanti con quel periodo. Ci vuole coraggio per selezionare i migliori, ma oggi la nostra società e la politica sembrano incamminate su una linea di mediocrità, dove non sono richieste più competenze, anzi quasi ci si fa un vanto di non averne, come se esse rappresentassero il nemico di classe degli anni Sessanta».
Quanto coraggio ci vuole per educare i figli, oggi? «Forse qualcuno si è illuso che non ci voglia impegno a educare, per dire dei no, per bocciare a scuola. Ma la mancanza di queste prese di posizione, tanto necessarie quanto oggi assenti, produce ricadute terrificanti sulla nostra cultura, la politica e l’economia, generando una classe dirigente sempre meno in grado di affrontare il futuro, le sue sfide e le sue fatiche».
Valeria Pelle