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Ecco come il diserbante s’introduce nel corpo, nel terreno e nelle acque

Parliamo del delicato problema, con il noto tecnologo ricercatore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale Massimiliano Bianco

Ecco come il diserbante s’introduce nel corpo, nel terreno e nelle acque

L’INTERVISTA Pietro Massimiliano Bianco è un tecnologo ricercatore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Molti agricoltori utilizzano diserbante, ritenendo che non provochi danni sugli organismi. Lasciamo la parola a uno scienziato, Bianco.

«Nelle zone con forte presenza agricola abbiamo trovato i residui del diserbante ovunque: nelle falde, nella flora batterica degli animali (maiali, mucche, capre), nelle acque, nell’aria. Queste particelle vengono assorbite dal corpo e funzionano come interferenti endocrini, ovvero interferiscono con il normale funzionamento delle ghiandole: la tiroide o la surrenale. Questo provoca varie alterazioni. Ci siamo concentrati sul cancro, ma molte altre patologie potrebbero essere innescate o amplificate da questa dinamica».

Perché si continuano a utilizzare queste sostanze?

«Si pensa sia più conveniente usare il diserbante. Questo non è vero per vari motivi. Primo, il trattamento chimico indebolisce la pianta, esponendola a varie patologie, perché uccide tutti i batteri del terreno e le popolazioni di microrganismi. Il coltivatore dovrà quindi aumentare gli input nutritivi esterni, per compensare l’indebolimento. In pratica, con il diserbante il contadino sta suicidando la sua stessa produzione. Un’altra ragione è la credenza che il diserbante aiuti a risparmiare sulla manodopera. Esistono però tecniche di sfalcio meccanico molto più sostenibili rispetto alla chimica. C’è persino chi utilizza i pascoli per eliminare l’erba, il metodo più antico e naturale».

Pare che molti non sappiano ciò che stanno facendo.

«Le erbe sono considerate patogene, ma garantiscono invece la presenza di predatori naturali degli agenti dannosi per le uve. Infine, i diserbanti rendono le piante più resistenti alle cure. Anche il terreno dei vigneti fortemente diserbati, dopo un certo periodo, diventa sabbioso, arido».

I vigneti biologici sono più sicuri di quelli ad agricoltura convenzionale?

«Certo. Il biologico garantisce l’utilizzo di sostanze molto meno impattanti. Ricordo che esistono agricoltori privi della certificazione del biologico – perché la burocrazia da affrontare è molto complessa –, i quali tuttavia mantengono la qualità delle produzioni elevatissima. Un messaggio a quanti utilizzano ancora il diserbo chimico: convertendo la modalità di trattamento e rendendola più naturale, anche le vendite ne gioveranno, perché i consumatori apprezzano molto, oggi, la sostenibilità ambientale».

C’è pericolo per chi vive vicino alle vigne diserbate?

«Particelle di diserbante vengono ritrovate anche a parecchie centinaia di metri dal luogo in cui avviene la diffusione, perfino negli ambienti urbani e nei parchi. Molto meglio vivere vicino a vigneti biologici. Molti prodotti chimici indicano di non irrorare nei pressi delle abitazioni».

Perché questi prodotti continuano a essere venduti?

«Talvolta, chi li vende produce la cura farmacologica per le complicazioni organiche correlate. Non si tratta di complottismo, ma il dato deve far riflettere. I Governi dovrebbero facilitare gli agricoltori che decidono di non impiegare trattamenti chimici e gli agricoltori dovrebbero acquisire consapevolezza e mutare il comportamento, come molti stanno facendo».

m.v.

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