È inutile nasconderlo. Le fortune di Alba passano in gran parte per il tartufo. Consapevole dell’importanza rivestita dal patrimonio tartufigeno, l’Amministrazione di Maurizio Marello vuole tutelarlo introducendo un articolo ad hoc nel capitolo quinto del regolamento di Polizia rurale, al momento sprovvisto di norme in grado di difendere e preservare le aree vocate.
La bozza di provvedimento, discussa nell’ultima riunione della seconda Commissione consiliare, potrebbe apparire come un atto formale, ma non lo è, dato che esprime, abbastanza chiaramente, la volontà di effettuare interventi mirati. Anzitutto, si vuole salvaguardare l’ambiente naturale in cui cresce il Tuber magnatum Pico. Se la proposta degli amministratori albesi passerà, nelle aree tartufigene di proprietà comunale saranno vietati l’abbattimento di piante produttrici, l’uso di diserbanti e mezzi pesanti e le operazioni di aratura che possano compromettere lo sviluppo del tartufo. Le stesse aree saranno anche interessate da interventi periodici di taglio delle piante infestanti.
In questo senso, sarà fondamentale l’apporto del Corpo forestale dello Stato. Al fine di consentire la crescita regolare del tartufo, il Comune si occuperà di pulire i fossi pertinenti alle strade comunali. Di pari passo, i proprietari di fondi contenenti tartufaie naturali saranno chiamati a osservare le norme del regolamento di Polizia rurale e, in particolare, quelle riguardanti il deflusso delle acque e il ripristino di piccole frane.
Se mai ce ne fosse bisogno, il Comune vuole dimostrare agli occhi del mondo che Alba non è capitale a caso e che i suoi tartufi sono autentici. L’articolo che molto probabilmente andrà a implementare il regolamento di Polizia rurale prevede infatti che, per nuovi impiantamenti, vengano utilizzate piantine compatibili con la produzione di tartufo e, possibilmente, micorizzate con tartufi autoctoni.
Ma quali appezzamenti saranno sottoposti a tutela pubblica? Teoricamente, tutte le aree verdi del territorio albese potrebbero produrre tartufi e, quindi, essere tutelate. Nella pratica, però, si farà riferimento alla mappatura che sta definendo il Centro nazionale studi sul tartufo, con il quale il Comune, sempre stando alla bozza in fase di definizione, organizzerà attività formative e informative rivolte ai proprietari di aree vocate alla produzione di tartufo. Infine, l’Amministrazione civica favorirà l’accesso ai contributi previsti dalla legge regionale numero 16 del 2008 per la conservazione del patrimonio tartufigeno, proponendo anche distribuzioni di piante vocate. Ora, le proposte studiate in piazza Duomo verranno presentate al Centro studi del tartufo e alle associazioni di trifolao.
Enrico Fonte