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Nasce la sottozona Canelli

Sono ventidue i Comuni della zona del Moscato d’Asti Docg che potranno accostare, a partire dalla vendemmia 2012, l’ulteriore qualifica “Canelli” sulle etichette, seguendo uno specifico disciplinare di produzione: dodici in provincia di Cuneo e dieci in quella di Asti. L’obiettivo è quello di offrire al mercato il massimo della qualità per lo storico vino aromatico, che sta ottenendo grande e meritato successo in tutto il mondo.

Grazie al decreto del 15 novembre 2011, i produttori inseriti in questo disciplinare avranno l’opportunità di indicare in etichetta, oltre alla denominazione d’origine controllata e garantita “Moscato d’Asti”, anche la specifica sottozona “Canelli” ed eventualmente la menzione della vigna di provenienza, purché il vigneto abbia un’età di impianto di almeno sette anni. Importante e obbligatoria, essendo il Moscato d’Asti un vino da bere preferibilmente “giovane”, anche l’indicazione in etichetta dell’annata di produzione.

La sottozona “Canelli”, in provincia di Cuneo, comprende l’intero territorio dei paesi di Camo, Castiglione Tinella, Cossano Belbo, Mango, Neive, Neviglie, Rocchetta Belbo, Serralunga, Santo Stefano Belbo, Treiso e Trezzo Tinella e le frazioni di Como e San Rocco Seno d’Elvio del Comune di Alba. In provincia di Asti, sono stati inseriti i paesi di Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Castagnole delle Lanze, Coazzolo, Costigliole, Moasca, San Marzano Oliveto e la porzione di territorio ubicata alla sinistra orografica del fiume Bormida del Comune di Loazzolo.

Al disciplinare, decisamente più rigido e che consentirà la produzione di un Moscato d’Asti di grande qualità, hanno già aderito una ventina di produttori, ma si attendono massicci consensi già per la prossima vendemmia.

Le norme del nuovo disciplinare per la viticoltura prevedono una forma di allevamento tradizionale a “contro spalliera” con potatura a Guyot a vegetazione assurgente. I nuovi impianti e reimpianti devono avere una densità minima di quattromila ceppi per ettaro, mentre la resa massima di uva in coltura specializzata e il titolo alcolimetrico volumico minimo naturale devono essere rispettivamente di 9,5 tonnellate a ettaro e 11° vol. È consentita l’irrigazione di soccorso. Controllando le rese per ettaro, valorizzando i sorì con le vigne meglio esposte che sono da sempre il miglior biglietto da visita del Moscato d’Asti, si potrà mantenere un’immagine qualitativa vincente e qualificata. Le norme per la vinificazione prevedono che le operazioni di affinamento, invecchiamento e imbottigliamento debbano essere effettuate nella zona di produzione.

l Moscato bianco ha una storia millenaria, essendo uno dei più antichi e rappresentativi vitigni autoctoni piemontesi, attualmente coltivato su oltre novemila ettari, poco meno del 20% dell’intera superficie viticola regionale. Gli storici ritengono sia arrivato nel territorio di Canelli molto prima della dominazione romana, tramite le popolazioni liguri che la popolarono. I romani, che già apprezzavano molto il vino ottenuto dal quel vitigno antichissimo originario del Caucaso e poi diffusosi rapidamente in tutto il bacino del Mediterraneo, si limitarono probabilmente a incrementarne la coltivazione. La sottozona “Canelli” permetterà di mettere ancora di più al riparo la qualità del Moscato d’Asti, preservandolo da pericolose imitazioni in tutta l’Unione europea.

Fabio Gallina

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