Si chiama Barbara Tibaldi, ha quarantaquattro anni, è originaria di Pocapaglia, dove risiede, ed è la nuova segretaria provinciale della Fiom-Cgil. Dopo un inizio nella politica come consigliera e capogruppo nelle file della sinistra per la provincia di Torino, ha ricoperto, in entrambi i due mandati della Giunta Bresso, il ruolo di assessore al lavoro e alla formazione professionale.
Scaduto il mandato, Tibaldi sentì il bisogno di fare alcuni passi verso la gente, accettando la proposta della Cgil di entrare a far parte di quella loro squadra, ed esprimendo la volontà di essere annoverata tra le file della Fiom. La formazione, come sindacalista metalmeccanico, si è svolta all’interno dello stabilimento Fiat Mirafiori, seguendo in sei anni la Comau e aziende dell’indotto Fiat specializzate in parti meccaniche. Poi la proposta della segreteria quale successore del responsabile provinciale Alfio Arcidiacono, arrivato a fine mandato. «Ho accettato immediatamente», ha detto la Neosegretaria, «lieta di portare il mio impegno alla mia provincia. Sono determinata a ricambiare tutto ciò che la mia terra mi ha dato». Anche se in carica solo da una settimana, ha già le idee chiare sul da farsi e sulla situazione attuale, come sulla discussione attorno alla riforma del mercato del lavoro: «Di buono, sino a ora, ho sentito nulla. Prima di essere sindacalista mi interessavo di centri per l’impiego e so cosa significa non trovare lavoro. Stiamo arrivando a una situazione moralmente insostenibile. Al punto di mettere i padri contro i figli, rendendo licenziabili i primi, detentori di contratti a tempo indeterminato che equivalgono a una sicurezza per le famiglie, per creare dei posti di lavoro per i figli».
La chiusura delle sedi Fiom all’interno degli stabilimenti Fiat può essere un campanello d’allarme per la sopravvivenza dei diritti dei lavoratori anche nella nostra zona? «La possibilità c’è, ma noi cercheremo di contrastarla sul nascere. Iniziano a sentirsi delle resistenze maggiori nella concessione delle assemblee, l’atteggiamento è variato. Le recenti dichiarazioni dell’Amministratore delegato di Fiat parlano chiaro, sul “modello Marchionne”. Una discussione sul mondo del lavoro senza Fiat avrebbe un peso diverso, ma sappiamo che per farla rientrare, lo si deve fare alle sue condizioni».
Cristian Borello