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Alba, malinconia e straordinaria qualità del cibo

INTERVISTA Per i “cinepatici”, per chi è immerso in quel mare che è il cinema, è scontato affermare che il “David di Donatello” rappresenta l’equivalente italiano del premio “Oscar”: qualsiasi attore brama il voto della giuria romana, il verdetto capace di consacrare la carriera. Ma a Giuseppe Battiston, interprete friulano classe 1968, non resta molto da desiderare. Nel corso di tre differenti edizioni del “David” è stato eletto come migliore attore non protagonista: Pane e tulipani (2007), Non pensarci (2009) e La Passione (2011). Notevole in quest’ultimo la gioviale interpretazione di Ramiro nella pellicola diretta da Carlo Mazzacurati.

Chiamato a inaugurare la mostra Cinema&tartufo, allestita a cura di Giordano Berti in occasione dell’ 82ª Fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba, Battiston ha espresso curiosità nel visitare il palazzo delle mostre e dei congressi, intitolato a Giacomo Morra. Dopo la tempesta di flash e di interventi, ci ha concesso un’intervista. Battiston, che consiglio potresti dare a un giovane attore? «Bisogna conservare l’entusiasmo, perderlo sarebbe una sconfitta. Il momento storico- economico è difficile, in bilico. Eppure si assiste a fenomeni curiosi: nonostante i finanziamenti si riducano di giorno in giorno, qualcuno continua a creare sceneggiature degne di nota. In questo modo la mediocrità tende a scomparire, per lasciare il posto alla qualità dei concetti: chi oggi riesce a mettere nuove idee a servizio di un film dimostra di possedere realmente una spinta creativa. Ma attenzione, non occorre generalizzare: bisogna distinguere chi considera la recitazione come profitto da coloro i quali realmente capiscono il mestiere dell’attore».

Sorge spontanea la domanda: che cosa significa per te recitare?

«Recitare è un’esigenza, un desiderio di mettersi in costante ricerca. Per me prendere parte a uno spettacolo teatrale o a un film è prima di tutto un atto di conoscenza. Il contatto con persone, con idee nuove, determina l’apprendimento, il quale non necessariamente si dimostra positivo. Ma aiuta a mettersi in gioco, a superarsi, a non agire meccanicamente, bensì a creare».

Raccontaci il tuo legame con il territorio albese.

«Il rapporto di conoscenza con Alba è stranamente profondo. Spesso si immagina che la culla dei vini e dei cibi più belli del mondo coincida con un luogo allegro e spensierato. Invece ad Alba si mescolano sapientemente una certa malinconia e una straordinaria introvabile qualità del cibo e delle vivande in generale. Ogni piatto piemontese da me gustato è sempre il più buono. Il vino invece è l’espressione del territorio, ma come per il cinema esiste la grande distribuzione che fa un certo tipo di percorso volto al profitto; per capirci: per me il più buon Barbaresco è prodotto da un ragazzo che possiede due ettari di vigne e che nessuno (ancora) conosce. Ribadisco: funziona come per il cinema; è la diatriba tra arte e commercio – se non esistono né arte né idee, i soldi servono a poco; anzi a nulla».

Marco Viberti

“Cinema&tartufo”, fino al 18 novembre il mondo del Tuber magnatum Pico nell’ambiente naturale, nei film e nei libri, in cucina

«Quando si allestisce una mostra, si spera sempre che la mostra parli da sé, altrimenti il lavoro svolto non è considerabile buono». Sono le parole di Giordano Berti, scrittore bolognese curatore della mostra Cinema&tartufo progettata in occasione dell’82ª Fiera del tartufo bianco d’Alba. Irrealtà e razionalità si fondono nell’esposizione dedicata al gioiello culinario albese. Il palazzo delle mostre e dei congressi di piazza Medford è stato “smaterializzato” per creare un fil rouge tra i due temi della mostra: la ricreazione degli ambienti boschivi – intesi come terreno di lavoro per i cercatori di tartufo – le tavole imbandite e le sagome di tartufi giganti sono affiancate a pannelli e video esplicativi della storia del tartufo nel cinema e nella letteratura. Per meglio consentire al visitatore di apprendere le diverse tappe (in un periodo di due secoli) del Tuber magnatum Pico nel mondo delle pellicole e dei libri, i curatori hanno scelto di suddividere in quattro parti la mostra: tutto comincia con il noir, ovvero con l’analisi del mistero richiamato dal fungo ipogeo, ispiratore di sceneggiature e romanzi. Successivamente lo spazio è dedicato al tartufo come status symbol. Tale concezione risulta strettamente legata alle proprietà afrodisiache delle trifole; altra sezione della mostra: i documenti riportati in vita da Berti dimostrano come l’odore delle trifole fosse considerato stimolante per la vita sessuale. Ultima ma non meno importante la suddivisione dedicata al tartufo in cucina: filmati di chef stellati e ricette segrete allieteranno il visitatore. Per tutta la durata della Fiera, fino a domenica 18 novembre, la rassegna sarà fruibile per il pubblico. Orario di apertura: lunedì 10-17.30; da martedì a venerdì: 14.30-17.30; sabato e domenica: 10-19. Ingresso gratuito. Per informazioni: telefono 0173-36.10.51; indirizzo di posta elettronica: info@fieradeltartufo.org.

mar.vi.

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