Ecco perché voterò Matteo Renzi

Egregio direttore, nell’autunno 2010 il suo giornale aveva pubblicato una mia lettera dal titolo “Largo ai giovani” dove plaudivo alle richieste di rinnovamento degli organi del Partito democratico, dagli enti locali fino al Parlamento, provenienti da giovani politici emergenti come Matteo Renzi, Giuseppe Civati, Debora Serracchiani e dal quarantasettenne presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti.

L’augurio di una fase nuova richiesta da questi e da altri giovani emergenti veniva in un periodo in cui il governo guidato da Silvio Berlusconi cominciava a scricchiolare nonostante la schiacciante maggioranza  in parlamento ma la proposta alternativa del Pd, a cui è sempre andato il mio voto fin dalla sua nascita, non sembrava (almeno nei sondaggi) convincere pienamente gli elettori.

Dopo due anni la situazione politica è cambiata, al governo ci sono i tecnici che hanno salvato l’Italia dal default e il Partito democratico pare essere nettamente favorito alle prossime elezioni politiche e, di conseguenza, a governare il paese.

I sondaggi di oggi danno il Pd al 29-30% contro un 26-27% del 2010. Senza voler nulla togliere a Pierluigi Bersani che ha guidato egregiamente il partito nei momenti più difficili della recente crisi politico-finanziaria e che reputo politico onesto, affidabile e capace, attribuisco questi 3-4 punti di crescita dei consensi alla presenza nella corsa alle primarie del 25 novembre di uno di quei giovani che ho citato,il trentasettenne sindaco di Firenze Matteo Renzi.

Dico questo perché la mia opinione è che il Pd così com’è continua a essere un partito incompiuto, non in grado di convincere del tutto gli italiani, e come si sa prima di vincere bisogna convincere.

A  mio avviso Bersani, pur avendo dato prova di essere un bravo riformista come ministro del governo Prodi, non ha dimostrato come leader politico di saper rinnovare alla stesso modo il partito. Rinnovamento non vuol dire “rottamazione”, il termine che Renzi usa di più anche per identificare bene la sua linea politica, ma significa comunque “cambiamento” anche chiedendo a qualche politico di lungo corso, magari a quelli che hanno ricoperto negli ultimi vent’anni molteplici incarichi nel governo, in parlamento, a Bruxelles, di fare un passo indietro, di mettersi a disposizione gratuitamente del proprio partito, forti di  emolumenti e vitalizi che consentono comunque di vivere bene per molti anni.

Nello stesso tempo non è solo una questione anagrafica perché l’esperienza anche in politica come nel lavoro è fondamentale ma non deve diventare un pretesto per bloccare ai giovani l’accesso ai vertici istituzionali. È vero che il Pd ha portato i quarantenni nelle segreterie provinciali, regionali e nazionali, ma quanto veramente contano nel processo decisionale del partito?

Sul tema rinnovamento solo Renzi (e Grillo) fanno proposte concrete.  Perché le richieste del sindaco di Firenze di limitare i mandati elettorali, abolire il finanziamento pubblico ai partiti e dimezzare i parlamentari, non sono considerate di sinistra? Forse perché scontentano qualcuno anche all’interno del Pd? Si tratta di tre argomenti che consentirebbero ai Democratici di fare davvero la differenza sugli altri «riducendo Grillo – come dice Renzi – a percentuali da prefisso telefonico».

Inoltre, perché si paventa un rischio scissione quando lo stesso Renzi ha già detto e sottolineato che in caso di sconfitta non accetterà incarichi e si metterà a disposizione di chi vincerà le primarie? E poi la denigrazione del “blairismo” (alla cui tradizione il “rottamatore” si ispira) criticando con durezza la “terza via” voluta da Tony Blair, uno dei più importanti leader politici mondiali, per il partito laburista inglese.

Insomma, secondo me, a questo giovane coraggioso leader vengono mosse critiche eccessive come quella di “personalizzare” troppo la sua campagna per le primarie, di strizzare l’occhio agli elettori di centro-destra o di non avere un programma definito di governo, come se essere ambiziosi, portare via elettori alla concorrenza politica o affrontare in modo semplice e chiaro i problemi del paese anziché stampare programmi incomprensibili di decine e decine di pagine, fosse una colpa.

Se ci mettiamo ancora le modifiche apportate recentemente al regolamento di voto delle primarie che per la prima volta non hanno un vero favorito, i motivi per sospettare che la voglia di rinnovare non sia l’obiettivo primario del Pd attuale ci sono tutti.

Per un rinnovamento vero e  per l’apertura di una fase politica che veda protagonisti anche i giovani ho deciso di sostenere Matteo Renzi alle primarie del 25 novembre.

Ginetto Pellerino

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