Diritti, donne e femminicidio

Nel 2012 le donne uccise in Italia sono state oltre 120. I dati di Telefono rosa e Istat registrano un aumento: da un omicidio ogni tre giorni nel 2011, a uno ogni due giorni l’anno seguente. E nella maggior parte dei casi gli autori di questi delitti sono mariti, ex fidanzati, persone nella cerchia affettiva delle vittime.

Nel giorno di San Valentino un miliardo di donne sono scese in piazza per One billion rising, per danzare contro la violenza. Ma una gran parte delle donne che subiscono violenza non trova la forza di denunciare. Ci sono casi in cui alla discriminazione legata al sesso si aggiungono altri motivi, come il colore della pelle. Nel 2011 a Torino, Suad Omar è stata picchiata su un autobus pieno di passeggeri perché donna e nera. Tempestata di pugni, ha avuto una costola fratturata e due settimane di prognosi. Oltre alla sofferenza fisica, l’umiliazione per l’ingiustizia subita. Ma non ha desistito dal suo impegno per la promozione dei diritti umani e delle donne. La chiave è proprio questa: non arrendersi mai ai soprusi. Suad Omar, cittadina italo-somala, madre di cinque figli, laureata in letteratura, mediatrice interculturale, impegnata da vent’anni nella vita culturale, sociale e politica torinese, sfata tutti i cliché.

Suad, come è arrivata in Italia?

«Sono nata a Mogadiscio. Sono arrivata a Torino, nel quartiere San Salvario, nel 1989, per sposare mio marito, che all’Università di Torino faceva il dottorato di ricerca. Allora le donne del mio Paese non viaggiavano da sole, se non avevano un obiettivo come il matrimonio».

Da vent’anni è impegnata nel mondo del volontariato, e non si è fermata anche quando è stata aggredita.

«Credo che l’aggressore non fosse del tutto normale, anzi uno arrabbiato con la vita. Poteva capitare, si è scatenato qualcosa nel suo cervello, in quel momento è come se gli avessi dato fastidio. Mi è dispiaciuto, ma non mi ha fermata: vado avanti con il mio obiettivo. Credo che ogni donna possa nel suo piccolo fare qualcosa per cambiare il mondo. La violenza sulle donne è aumentata, e sono convinta che se le donne riescono a dire basta possano ottenere un grande successo. Molte nascondono la violenza, ma non si può aiutare una donna che non denuncia. Non penso proprio che chi maltratta una donna provi amore».

È difficile portare avanti i suoi impegni con una famiglia numerosa?

«Mio marito e io ci siamo trovati ancora più in difficoltà perché abbiamo sempre dovuto contare solo sulle nostre forze, non abbiamo mai avuto i nonni vicini. Abbiamo dovuto lavorare sempre part-time, o io o lui, e farci aiutare dalle baby- sitter. Adesso i nostri figli hanno dai 21 ai 3 anni, vivono nella cultura italiana ma cerco di trasmettere loro un 50 per cento di cultura del nostro Paese d’origine. Inoltre i nostri figli si impegnano ad aiutare i fratelli, tutti hanno i loro compiti in famiglia».

Molti pensano che le donne musulmane non godano di grande libertà.

«Mi sento libera, sono un’anima libera, molto più di tante italiane. Delle donne quando hanno un bambino si rinchiudono in casa e cambiano vita. Il fatto di avere dei figli non mi ha fermata: vado in tutto il mondo per promuovere i diritti umani e soprattutto quelli delle donne. Credo che le donne che si fermano, si fermano da sole. Ci sono donne che non hanno mai studiato, il cui marito lavora fuori tutto il giorno e per cui è più difficile l’inserimento sociale».

C’è più o meno razzismo rispetto al passato?

«Razzismo e discriminazione stanno aumentando. Certi partiti politici discriminano e mettono uno contro l’altro i cittadini. Spetta alla politica e al Governo far rispettare l’intera società italiana, compresi i nuovi cittadini».

a.r.

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