Uscire dalla dipendenza dall’alcol si può

Gentile direttore, desidero raccontare la mia storia, che è una testimonianza, affinché sia di buon auspicio per coloro che hanno lo stesso mio problema, e cioè la dipendenza dall’alcol. Sono giunto al superamento dei 50 anni con un notevole bagaglio di esperienza positive (poche) e negative (tante). Perdita di persone care, delusioni e tradimenti degli amici, delusioni d’amore, fallimenti dei rapporti di coppia, perdita del lavoro e di denaro. Si cade in una situazione disperata, si pensa addirittura al suicidio fisico, che poi diventa mentale come è successo a me. Ci si avvicina all’alcol, anche e soprattutto con l’aiuto di pseudoamici che ti coinvolgono, e l’ebbrezza che produce l’alcol ti conducono a una effimera situazione di benessere momentaneo. Poi in un raro momento di lucidità ti chiedi cosa stai facendo, ma non lo sai e continui a bere. Un giorno un signore mi parla del Cat (Club alcologico territoriale), all’inizio non è una bella esperienza, mi sembrava inutile, ma tra alti e bassi non ho più toccato l’alcol. Vorrei che questa testimonianza non restasse vana, ma servisse di esempio per altri e riuscisse a sensibilizzare l’opinione pubblica in generale, le autorità competenti in materia, gli educatori laici e non, i familiari. Mi auguro che tutti comprendano che questo problema che affligge la società non è di facile soluzione, ma con la buona volontà dei cittadini, può produrre effetti positivi senza creare eccessivo onere sulla spesa pubblica.

Un componente del club 132 Cortemilia

Il tema della dipendenza dall’alcol è molto complesso e ha molte sfaccettature. Pensiamo soltanto agli incidenti stradali dovuti a un tasso alcolemico superiore al consentito e alle conseguenze a volte mortali anche per terze persone. Oppure pensiamo alle varie forme di violenza, pure all’interno delle famiglie, dovute all’abuso di alcolici. In questo senso l’alcol fa il paio con le diverse droghe che tolgono i freni inibitori e lasciano scatenare i peggiori istinti nelle persone. Non dobbiamo neanche dimenticare le conseguenze fisiche negative che l’abuso di queste sostanze porta con sé: dalla cirrosi epatica alle malattie cardiovascolari, ai danni al cervello. Per non parlare degli effetti negativi nella vita sociale. L’appello che viene da questa lettera però ci fa andare al cuore del problema: troppo spesso il motivo per cui si cade nell’alcolismo o nella dipendenza da stupefacenti è che in queste sostanze si cerca la soluzione ai propri problemi, o meglio si cerca di dimenticare i problemi, ci si lascia andare come in una sorta di lento suicidio. Ma alla fine non si risolve nulla, si fa solo del male a se stessi e agli altri. La bottiglia non è un vero amico, come non sono amici quelli che ti invitano a bere per dimenticare, o solo per stare in compagnia, per mantenere una facciata allegra quando il cuore è triste. Il vero amico ti sta accanto, ti consola, ti incoraggia, non ti offre delle scappatoie. Mi vengono in mente alcune parole del Papa nella sua recente esortazione Evangelii gaudium, dove parla della gioia, della realizzazione a cui tutti aspiriamo. «Riconosco», scrive, «che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segretama ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie» (n. 6). Non vale la pena lasciarsi abbattere dalle difficoltà, annegando le preoccupazioni nell’alcol o nella droga che ci portano all’autodistruzione. Cerchiamo piuttosto quello «spiraglio di luce», ravviviamo la nostra speranza nel Dio che ci ama.

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