Embargo della Russia, altra tegola sul mercato delle pesche

La chiusura delle frontiere russe ha costretto i camion frigo a tornare ai magazzini di partenza e a restituire al mittente circa dodicimila quintali di pesche piemontesi.  «Un’altra mazzata ad un settore già fortemente in crisi», dice Enzo Pagliano, direttore di Coldiretti Cuneo. «I paesi dell’Est rappresentano un mercato in crescita. La chiusura delle frontiere quale ritorsione della Russia nei confronti dell’Europa per i noti problemi con l’Ucraina rappresentano una penalizzazione che incide direttamente sulla provincia di Cuneo».

pesche

«Il blocco rappresenta l’ultimo pesante colpo, anche per ciò che prefigura, su una produzione già messa in ginocchio dall’andamento climatico e dalla crisi di mercato». Aggiunge l’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero. «L’assessorato sta attivando il percorso per la richiesta di stato di calamità naturale e per la creazione di uno strumento finanziario di supporto. A questo punto l’intervento dell’Unione europea non è più rinviabile. Mi sto muovendo con il Governo perché la situazione dei produttori piemontesi venga nuovamente rappresentata a Bruxelles, in modo che si adottino i necessari provvedimenti».
Però dall’Unione europa arriva un nuovo nulla di fatto. Sia l’incontro a Bruxelles tra la Commissione e i rappresentanti delle amministrazioni di Italia, Spagna, Francia e Grecia per fare il punto della situazione sulla crisi di mercato del comparto pesche e nettarine, sia la riunione della delegazione del Copa-Cogeca, che rappresenta le Organizzazioni agricole e cooperative europee, alla quale ha preso parte anche Confagricoltura, nell’ambito di Agrinsieme non hanno ottenuto risultati. In entrambe le occasioni è stata richiesta nuovamente l’attivazione urgente di apposite misure eccezionali di emergenza. Dalle riunioni tuttavia non sono scaturite proposte o ipotesi di intervento che lascino intravedere l’attivazione delle misure richieste, anzi Confagricoltura ha la sensazione che l’incontro sia stato un atto dovuto per dar seguito alle numerose sollecitazioni dei Paesi produttori.

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