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Islafran, storia della brigata “dimenticata”

ALBA Il saggio di Ezio Zubbini sarà presentato sabato in sala della Resistenza
Italiani, slavi, francesi: dalle nazionalità l’acronimo “Islafran”, nome della formazione partigiana oggetto della lunga ricerca di Ezio Zubbini che sarà presentata dall’autore sabato 7 novembre, alle 10, nella sala della Resistenza di Alba con l’intervento di Marco Ruzzi dell’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea di Torino.
copertina_ISLAFRANIslafran. Storia di una formazione partigiana internazionale nelle Langhe è la dimostrazione che molto vi è ancora da scrivere e ricercare per completare la storia della lotta di liberazione. Per andare, a settant’anni di distanza, oltre alle celebrazioni – la retorica male ha fatto alla memoria della Resistenza – e sulla base dei documenti dell’epoca.
È grazie all’abbondanza di questi ultimi all’Istituto storico della Resistenza di Torino che Zubbini ricostruisce la vita dell’Islafran dall’autunno del 1943 alla Liberazione. Un percorso fino ad ora appena sfiorato dalla storiografia. Secondo Zubbini il silenzio su quella che sarà una delle unità di punta delle formazioni garibaldine delle Langhe è, eccezioni a parte, «un riflesso culturale di un rapporto difficile tra questa formazione e il mondo contadino in cui ha operato». Gli slavi sono visti come «pericolosi rappresentanti del comunismo stalinista». Nonostante, stando ai documenti, gli ordini dei comandi dei “rossi” fossero fin dall’inizio di «tutelare nel modo più rigoroso la proprietà dei contadini».
La storia del distaccamento della 48ª brigata Dante Di Nanni, poi gruppo Arditi della XIV divisione Garibaldi e infine 212ª brigata Maruffi, per un totale di circa 120 partigiani, inizia all’indomani dell’armistizio con l’evasione dal carcere di Fossano di patrioti francesi e slavi catturati dalle armate italiane d’occupazione in Francia e Jugoslavia. Alcuni di questi erano nelle file della Resistenza dal 1941. A loro si uniscono gli italiani non liberati dopo il 25 luglio ’43 perché condannati per spionaggio e sabotaggio. Nel corso della guerra si uniranno all’Islafran una decina di russi, disertori dalle cosiddette osttruppen.
È da notare come tra i francesi evasi vi fosse Luis Chabas, in seguito diventato una figura leggendaria con il nome di Lulù.
Nessuna fama, invece, per Eugenio Stipcevic, fondatore e comandante della formazione, già condannato a 15 anni di reclusione dal Tribunale speciale della Dalmazia. O per Daniel Fauquier, il vicecomandante della brigata internazionale. Quest’ultimo nel 2002 pubblicò in Francia il diario della sua storia di partigiano, poi tradotto nel 2006 grazie alla traduzione fattane dagli studenti del liceo classico di Alba coordinati da Giuseppe Farinetti e diventato Itinerario di un partigiano francese, numero 69 del Presente e la storia, semestrale dell’Istituto storico di Cuneo.
Eppure l’azione dell’Islafran sul piano militare, come emerge dalle pagine di Zubbini, è incisiva nello scontro di Bonvicino dell’estate ’44, nella battaglia per l’impossibile difesa di Alba, a novembre. Negli scontri di Dogliani nel febbraio 1945.
Il libro si sofferma e analizza, per precisare particolari o per confutare, sulla base di documenti d’archivio o di testimonianze, quella che è diventata la versione corrente. È il caso della strage di Narzole, che il 26 aprile 1945 costerà la vita, per mano della 34ª divisione tedesca, a 12 civili e a sei partigiani.

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