Sanfelici, oculista volontario per ridare la vista ai malgasci

Sanfelici, oculista volontario per ridare la vista ai malgasci
In foto: Giacomo Sanfelici (a sinistra) con l'equipe di volontari al termine di un'operazione

MISSIONI Giacomo Sanfelici è un medico specializzato in chirurgia oculare e, dal 2011, è coinvolto nel progetto realizzato da Medici volontari italiani con le piccole serve del sacro cuore di Torino per la realizzazione di un servizio medico chirurgico oculistico nel dispensario di San Luca a Ambatondranzaka in Madagascar, un piccolo centro situato a 250 chilometri dalla capitale.

Gazzetta lo ha incontrato per scoprire quali emozioni si nascondono dietro al suo lavoro e a quello di numerosi volontari che da anni sono coinvolti nelle missioni.

Come è nato questo progetto?

Il progetto è nato dall’impegno del medico Carlo Passeggi che, dal 2006, ha avviato questo progetto insieme alle piccole serve di Torino e all’associazione Medici volontari italiani. Dal 2008, in particolare, sono iniziate le missioni: ogni sei mesi un gruppo composto da alcuni oculisti, un anestesista e altri volontari parte per questo lungo viaggio.

Qual è il vostro ruolo, una volta arrivati sul posto?

Quando arriviamo al dispensario iniziamo immediata a visitare. Generalmente nei 10 giorni che restiamo sul posto effettuiamo oltre 400 visite e circa 85 interventi. Ci tengo a precisare che siamo tutti medici volontari, sfruttiamo le nostre ferie per viaggiare e non riceviamo alcun compenso per questi lavori: scegliamo di partire con l’obiettivo di aiutare persone in difficoltà. Con noi portiamo sempre, oltre a strumenti e medicinali, alimenti di prima necessità e altro materiale utile che acquistiamo grazie alle donazioni o che ci viene regalato. In più abbiamo realizzato un centro dove alcuni ragazzi, adeguatamente formati, realizzano occhiali per gli indigeni: spesso, infatti, le persone del posto non sanno quale sia il problema alla base della loro pessima vista e acquistano occhiali, magari vendendo tutto ciò che hanno, che risultano poi completamente inutili.

Quali sono le difficoltà principali dell’operare in un paese come il Madagascar?

La sala operatoria realizzata dalla piccole serve e attrezzata da noi medici, seppur perfettamente funzionante, presenta alcune problematiche, principalmente causate dalla mancanza di  corrente elettrica stabile. Ad Ambatondranzaka, infatti, l’energia viene prodotta con un generatore: basti pensare che, quando una persona si reca in ospedale per una visita, porta con sé la benzina necessaria per azionare i macchinari. La mancanza di corrente elettrica stabile complica incredibilmente il nostro lavoro, perché gli strumenti devono essere più volte accesi e impostati nel corso di uno stesso intervento. Un ultimo elemento di difficoltà è rappresentato dalla gravità delle patologie: principalmente ci occupiamo di cataratte complete e spesso bilaterali che, nei paesi sottosviluppati, colpiscono anche molti giovani e sono la causa principale di cecità. In altri casi, invece, sono presenti malattie congenite molto rare in Italia, che si sviluppano a causa della consanguineità dei genitori e molto spesso non possiamo fare nulla per risolvere questi problemi.

Quali emozioni si provano nell’aiutare i pazienti che si rivolgono a voi per tornare a vedere ?

L’emozione di un viaggio come questo non si possono descrivere. Come dicevo buona parte dei nostri pazienti è completamente cieco e vedere il loro sorriso e la loro gratitudine quando, dopo l’operazione, tornano a vedere è una sensazione meravigliosa. Queste persone sono molto grate al nostro lavoro e ci ringraziano come possono. Magari a fine del nostro soggiorno ci regalato oggetti di artigianato realizzati da loro o altri prodotti. Una volta ci hanno persino regalato una gallina! Un’altra sensazione indescrivibile è stato conoscere per la prima volta suor Luciana, la direttrice del dispensario, che per lungo tempo avevo solo sentito per telefono.

In conclusione, quando ci saranno nuove missioni e come è possibile sostenere questa iniziativa?

A novembre io e un gruppo di medici partiremo per la nuova missione. Per sostenere il progetto è possibile donare all’associazione Medici volontari italiani, ma anche sostenerci donarci cibo o altro materiale.

Alessia M. Alloesio 

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