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Intervista a Dolfin, chirurgo torinese, argento agli europei di nuoto paralimpico

Intervista a Dolfin, chirurgo torinese, argento agli europei di nuoto paralimpico

TORINO Marco Dolfin, coinvolto in un grave incidente stradale nel 2011 dove perse l’uso delle gambe, opera al San Giovanni Bosco grazie a un esoscheletro “hi-tech”

Intervista a Dolfin, chirurgo torinese, argento agli europei di nuoto paralimpico 1

È stata una spedizione di grande successo, quella italiana agli Europei 2018 di nuoto paralimpico World Para Swimming conclusi questo fine settimana al National Aquatic Centre di Dublino: gli atleti del Belpaese hanno conquistato 27 ori, 24 argenti e 21 bronzi, per un totale di 72 medaglie, aggiudicandosi il secondo posto nel medagliere alle spalle dell’Ucraina. Fra i nuotatori che hanno messo a segno i risultati più brillanti, il chirurgo ortopedico torinese Marco Dolfin, che nella giornata di Ferragosto ha vinto la medaglia d’argento nei 100 rana SB5, con il tempo di 1’41”36. Per Dolfin, classe 1981, portacolori della Briantea 84 e delle Fiamme Oro, questo è il secondo successo europeo, dopo il bronzo di Funchal nel 2016; a Dublino ha dedicato la vittoria alla sua famiglia, all’allenatore Alessandro Pezzani e ai colleghi del San Giovanni Bosco, che hanno organizzato i turni in modo che potesse recarsi alle gare in Irlanda. Il 37enne torinese infatti opera all’ospedale San Giovanni Bosco grazie a un esoscheletro “hi-tech” appositamente realizzato per lui dalle Officine Ortopediche Maria Adelaide di Torino.

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Il campione ha risposto alle nostre domande.

Dottor Dolfin, partiamo da questa grande soddisfazione…

“Lo è, anche perché è un po’ la ricompensa concreta: uno nuota per altri motivi ma è ovvio che avere un ritorno concreto dà anche più riscontro ai sacrifici e all’impegno che si porta avanti durante l’anno.”

Era un risultato atteso?

“Sapevo che era alla portata, ma come in tanti altri eventi finché non si dimostra sul campo non c’è nulla di scontato: il livello è alto ed è questione di secondi o anche meno, così si fa in fretta a uscire dal podio. Sono soddisfatto anche dei due quarti posti conseguiti nelle altre gare che ho disputato.“

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Come si è appassionato al nuoto?

“Nuotavo già prima dell’incidente, poi avevo smesso e fatto altri sport. Da dopo l’incidente mi interessava riprendere con uno sport che mi potesse dare anche un po’ di soddisfazione personale come risultati, visto il mio spirito competitivo, come poteva essere il nuoto. È un buon modo per stare lontano dalla carrozzina, allenare la muscolatura e aiutare a tenere a bada varie problematiche come contrazioni e rigidità: ho messo insieme utile e dilettevole.”

E la passione per la chirurgia?

“Quello medico è sempre stato argomento principale in casa, con mio papà ginecologo e mamma pediatra; dal momento in cui ho scelto di continuare gli studi in Medicina la scelta di proseguire con la parte chirurgica è venuta perché mi piaceva l’aspetto della sala operatoria e la chirurgia in sé, sistemare ossa rotte e legamenti.”

Com’è stato riprendere dopo l’incidente?

“Quando l’ho avuto appena finito gli studi di specialità, si trattava finalmente di iniziare a lavorare sul serio. Non volevo perdere ciò che avevo imparato e soprattutto avrei dovuto capire dal punto di vista pratico che cosa avrei potuto continuare a fare e con quali modalità e risultati: il risultato sul paziente non doveva in nessun modo perderne. È bello riprendere a lavorare ma non ci dovevano essere conseguenze per i pazienti.”

Così è nato l’esoscheletro?

“Non ho inventato niente di nuovo ma adattato una cosa che esisteva già, soprattutto per finalità riabilitative: si tratta di una carrozzina elettronica verticalizzabile che consente a chi è paraplegico di rimettersi in piedi aiutando per discorso delle ossa e delle articolazioni. Per il lavoro in sala operatoria è stato necessario qualche piccolo adattamento in modo che possa essere utilizzato  anche per più ore in determinate condizioni in particolare di sterilità: è un macchinario che uso solo in sala e che rimane lì fisso e che mi consente autonomia completa da quando salgo a quando scendo senza chiedere aiuti esterni grazie a un “joystick” che comando col gomito.”

È cambiato qualcosa nel suo approccio alla professione a seguito dell’incidente?

“A me non sembra: da un certo punto di vista è quasi come non avessi mai smesso. In ospedale dai colleghi, ai piani alti fini a chi si muove più nell’ombra come gli operatori socio sanitari, tutti mi hanno sempre fatto sentire molto a mio agio e non mi hanno fatto sentire il peso della mia condizione, vissuta quasi come normalità. Magari si tratta per me di organizzarmi in maniera tale da prepararmi all’ingresso, calcolando le tempistiche che sono un po’ diverse, ma il rapporto medico-paziente a me non sembra cambiato. In qualche modo l’incidente può aver sensibilizzato alcuni aspetti ma sono contento che non abbia stravolto il mio rapporto col lavoro.”

Visti i traguardi raggiunti può essere considerato un esempio di dedizione e motivazione: che cosa consiglierebbe a chi si trova ad affrontare un momento difficile?

“Da quello che ho visto negli ultimi anni da paziente e da medico la condizione della disabilità è veramente varia dal punto di vista fisico, psicologico ed economico. Non è un vero è proprio consiglio ma posso dire che a me è servito sia nel periodo immediatamente successivo all’incidente ma anche dopo conoscere altre persone e soluzioni: in questo senso ben venga se il fatto di raccontare mia storia può essere utile, ma ognuno vive la disabilità a proprio modo e con i mezzi che ha a disposizione cerca di trovare una propria dimensione, di cucirsi addosso una normalità.”

Che cosa la ha aiutata maggiormente?

“Nell’immediato dopo incidente ma anche ora nel quotidiano mia moglie mi dà una grossa mano anche nel far combaciare gli impegni lavorativi, sportivi e famigliari, visto che abbiamo anche due gemelli: a lei devo dire assolutamente grazie. In vari ambiti i risultati sono frutto del mio impegno ma anche di aiuto e collaborazione esterna da persone come allenatori e struttura.”

Quali i suoi prossimi obiettivi professionali e sportivi?

“Sotto entrambi gli aspetti ho sempre la tara di pormi obiettivi alti, che quando li raggiungi danno grandi soddisfazioni ma bisogna tenersi pronti anche alle delusioni. Per quanto concerne lo sport spero di poter continuare a competere ad alto livello finché potrò, visto che in quest’ambito ho praticamente il doppio degli anni di molti atleti. Dal punto di vista lavorativo mi auguro di poter continuare con passione a fare al meglio quello che faccio.”

A.R.

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