Questa sera don Mazzi sarà ad Alba per parlare di verità tra genitori e figli

Antonio Mazzi: «No a messaggi legati alla paura»

ALBA Don Antonio Mazzi è impegnato in prima linea in attività di recupero di tossicodipendenti. Ha fondato la comunità Exodus all’inizio degli anni Ottanta e il suo pensiero rappresenta un punto di riferimento per intere generazioni.

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In mattinata don Mazzi ha parlato ai ragazzi delle scuole superiori di Alba.

Giovedì 15 novembre sarà ad Alba nella sala Ordet della parrocchia di Cristo re. Alla mattina (ore 11) incontrerà gli studenti delle scuole superiori, in serata, alle 20.45 le famiglie: il duplice convegno, organizzato dal centro culturale San Paolo, sarà dedicato al tema “Le verità tra genitori e figli”.Antonio Mazzi: «No a messaggi legati alla paura» 2

La famiglia è il nucleo di appartenenza, dove cognizioni ed emozioni di ogni individuo nascono. Come evolve questo “guscio” nell’epoca moderna?

«Le famiglie e la scuola si trovano a vivere un momento critico, con una sostanziale crisi dei grandi valori e delle grandi cornici di significato. Tuttavia, non bisogna drammatizzare. Quando arrivai a Milano c’era il terrorismo, poche possibilità di studio o successiva affermazione professionale. Oggi il percorso formativo per i giovani è possibile, ed esistono spazi di autorealizzazione. Perciò penso che la cultura della paura e dell’allarmismo non siano utili. Non bisogna spaventare le famiglie, ma fornire linee di indirizzo e di lavoro in un mondo difficile. Ad Alba parlerò di questi temi, cercherò di dialogare con i genitori su un momento storico complesso ma non impossibile. Anche se, quando mi trovo di fronte alle persone, finisco per divagare».

Parlando degli adolescenti, molti associano la loro mancanza di partecipazione alla sfera pubblica alla diffusione massiva della tecnologia, che crea assorbimento su di sé e ovattamento emotivo. È d’accordo?

«La tecnologia rappresenta un elemento di distrazione, qualcosa che attira la curiosità e assorbe. Successe lo stesso quando arrivarono le prime macchine. Le madri non erano contente che i figli le usassero e molte attenzioni dei ragazzi venivano catalizzate dal nuovo mezzo. Il ritiro degli adolescenti dall’impegno nella sfera pubblica può essere spiegato ricorrendo alla tecnologia, ma non dobbiamo, anche in questo caso, drammatizzare o lanciare messaggi legati alla paura. Si tratta di un compito molto importante sia per i giornali che per la politica, per le istituzioni e gli adulti in genere. Piuttosto, dobbiamo produrre riflessioni in grado di migliorare l’esistente e aumentare la consapevolezza».

Matteo Viberti

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