Giulia e Clara nel mondo del carcere

SOLIDARIETÀ I pregiudizi si possono superare, anche quando sono insiti nella società e legati a paure condivise dalla maggior parte delle persone. Per riuscirci bisogna avere il coraggio di mettersi in gioco e la volontà di scoprire una realtà sconosciuta, per coglierne gli aspetti più umani.

È il percorso che sono riuscite a portare a termine Giulia Leone e Clara Riverditi, entrambe studentesse al liceo delle scienze umane Da Vinci di Alba. Nell’ambito del programma di alternanza scuola-lavoro, le due ragazze hanno scelto di varcare i cancelli della casa di reclusione Giuseppe Montalto di Alba e di seguire le attività educative a contatto con i detenuti. Il progetto, proposto per il secondo anno, è stato sviluppato dall’amministrazione del carcere, dall’associazione di volontariato penitenziario Arcobaleno e dal Da Vinci.

Giulia e Clara nel mondo del carcere
Clara Riverditi (a sinistra) e Giulia Leone, studentesse del Da Vinci.

A colpire nel racconto delle due studentesse, che hanno terminato il loro percorso al Montalto il 17 gennaio, è prima di tutto l’entusiasmo, come traspare dalle parole di Clara: «Questa esperienza è stata straordinaria, ci ha aperto gli occhi e ci ha formate. Il primo giorno non sapevamo come comportarci ed eravamo piuttosto intimorite. Ma varcati i cancelli, grazie all’educatrice penitenziaria Valentina Danzuso, abbiamo scoperto una realtà inaspettata».

Le due ragazze si sono impegnate nelle varie attività educative, come chiarisce Giulia: «Dal corso di alfabetizzazione per gli stranieri a quello di ceramica, dal disegno al bricolage, abbiamo seguito le diverse attività. Ci ha colpito molto il laboratorio di teatro, tanto che abbiamo intenzione di proseguire il nostro impegno come volontarie. In più, abbiamo potuto conoscere tutti gli altri aspetti della realtà del carcere, a contatto con le figure professionali, come gli agenti penitenziari». Giorno dopo giorno, le due ragazze hanno superato i loro pregiudizi, come aggiunge Clara: «I detenuti ci hanno accolte nel migliore dei modi e in certi casi si sono confidati con noi, raccontandoci parte delle loro storie e parlandoci delle loro famiglie. Dal punto di vista umano sono stati momenti molti intensi, che ci hanno permesso di superare tutti i preconcetti; abbiamo scoperto una microcomunità di uomini che si impegnano, studiano e si mettono in gioco, con tutte le loro fragilità: anche se chi è fuori tende a dimenticarselo, i detenuti sono persone come tutti noi».

Giulia e Clara non hanno ancora le idee chiare sul loro futuro, ma l’esperienza in carcere potrebbe aver delineato una strada da seguire: «Ci piacerebbe studiare per diventare educatrici penitenziarie, ma potremmo anche intraprendere il percorso per diventare agenti».

È soddisfatto Domenico Albesano, presidente dell’associazione Arcobaleno: «Per il secondo anno siamo riusciti a portare avanti quest’iniziativa. In collaborazione con la Caritas, le due ragazze hanno potuto impegnarsi per alcune ore anche nel centro di prima accoglienza di via Pola e all’emporio solidale, scoprendo altre due realtà».

f.p.

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