Ormai il “mostro” sulla collina di Verduno c’è, trasformiamolo in un’eccellenza

Ora facciamone un’altra eccellenza

Il progetto partì dopo l’alluvione del 1994, quando si temeva il ripetersi degli allagamenti: per questo non si volle costruire lungo il Tanaro.  Il nuovo ospedale di Verduno è stato ultimato il 21 settembre 2019 e aprirà entro giugno:  il 2020 segnerà  un decisivo inizio,  anche se i problemi sono ancora molteplici, a cominciare dal grave nodo della viabilità

Correva l’anno 2012, la prima volta in cui mi resi conto della portata di quanto stava avvenendo sulla collina di Verduno. L’ospedale prendeva forma, anche se i lavori sarebbero rimasti fermi fino al 2015 per i ritardi nei pagamenti da parte della Regione. Salii sulla collina per vedere da vicino quello che non esitai a definire “il mostro di Verduno”.

Che cosa poteva aver spinto degli uomini a costruire su una delle colline più belle e franose delle Langhe? Perché quelle quattro gru solcavano il cielo, visibili da decine di chilometri, quando l’ospedale si sarebbe potuto costruire nella valle, a Piana Biglini o a Cinzano, in luogo di uno dei tanti supermercati spuntati come funghi sulla direttrice Alba-Bra? Perché spendere quasi 200 milioni di euro, più altri 180 per la gestione di 20 anni dei servizi, quando con un decimo di questa cifra si sarebbero potuti ristrutturare i due ospedali di Alba e di Bra? Sono domande che si sono fatti tutti, che continuiamo a farci. Molte persone hanno trovato un colpevole buono per tutte le stagioni nella diocesi di Alba, ma proprio la diocesi è stata quella che meno ci ha guadagnato dalla realizzazione della struttura in quel luogo. Sono domande che si sono fatti anche l’Antimafia, la Guardia di finanza, i Carabinieri, la Polizia nelle numerose indagini che sono state avviate nel corso degli anni.

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Il risultato oggi? Nessuno, non c’è dolo, non ci sono colpevoli e non ci sono irregolarità, solo incompetenza, leggerezza, faciloneria, tanto da far diventare l’ospedale di Verduno il paradigma di ritardi e spreco di denaro per il procuratore generale della Corte dei conti piemontese Giancarlo Astegiano.

Eppure, come ebbe modo di scrivere a suo tempo Roberto Di Caro per l’Espresso nell’articolo Maxi ospedale mai finito, la vergogna delle Langhe: «Nel piano regolatore la zona era classificata “non edificabile, salvo opere d’interesse pubblico non diversamente ubicabili”. Su un terreno dove non potevi costruire neanche un casotto decidono di edificare un ospedale da 550 letti. Il geologo Orlando Costagli viene incaricato di certificare: “Mi rifiutai. Posso forse cambiare le carte dell’Autorità di bacino, dove l’area è segnata in dissesto?”. Lui no, ma la palla passa alla Regione e d’improvviso, sulle carte ufficiali, le frane scompaiono».

Così andò, ma come confermano le indagini, alla base ci furono incompetenza e leggerezza e non colpa. Quella fu solo la prima anomalia; ve ne fu una seconda ancor più dannosa, se possibile, per le casse pubbliche: «Con la motivazione che costerà (Iva esclusa) 114 milioni e la Regione non ne può mettere più di 97, si procede in project financing». Vantaggi? «Nessuno. In quegli anni tutti si riempivano la bocca col project financing: una bolla, chi l’ha usato per opere similari se n’è pentito. La sua quota del 15 per cento il privato la metterà solo nell’ultima fase dei lavori, poi gestirà i 500 metri quadrati di spazi commerciali interni, la manutenzione, le forniture di acqua, luce e gas per oltre 180 milioni in 20 anni».
Intanto, anche se nessuno ci credeva più, i lavori sono stati ultimati: era il 21 settembre 2019. Il 20 novembre l’ospedale è stato ufficialmente consegnato ed è ora in corso il trasloco. Il nosocomio unico per Alba e Bra sarà aperto – e non inaugurato, come promesso dal presidente del Piemonte Alberto Cirio, che ha ben presenti i ritardi – entro il 30 giugno di quest’anno, una data storica.

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Tutti coloro che fino a oggi si sono fatti domande sul passato devono rassegnarsi. L’ospedale c’è, è lì con i suoi 11 piani per oltre 100mila metri quadrati. C’è e non ci si può voltare dall’altra parte o pensare che lo si possa cancellare. E allora, da buoni langaroli concreti, è tempo di cambiare domanda. Ora il tema è: come ci arriveremo? È il primo interrogativo a cui la Regione dovrà rispondere nel minor tempo possibile, perché l’attuale strada provinciale 7 non può essere la risposta e l’Asti-Cuneo pare sempre più chimera.

La seconda domanda: che cosa vogliamo fare di questo ospedale? La speranza fondata è che la risposta sia solo una: un’eccellenza. È l’unica possibilità per portare a pacificare la gente di Langhe e Roero e far capire loro che lassù, su quella collina a Verduno, c’è il loro ospedale, non un mostro, un pozzo senza fondo di denaro pubblico e un esempio di scelte viziate. Ci vorrà tempo, e la strada è erta, forse ancor più di quella su cui arrancheranno le ambulanze per arrivare all’ospedale, ma questo territorio può e deve farcela.

Marcello Pasquero

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