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Icardi: misure subito, il sistema è al collasso

L’assessore alla sanità: abbiamo fatto sforzi enormi per aumentare i posti in terapia intensiva, che sono oggi 500. Ma non è bastato: la curva epidemica del Covid cresce e siamo prossimi alla saturazione

Icardi: misure subito, il sistema è al collasso

L’INTERVISTA Anche in piena emergenza, l’assessore alla sanità Luigi Icardi non perde la sua pacatezza. È il tono a essere diverso: si percepiscono la tensione e lo sconforto di fronte a una realtà che peggiora, anche in Piemonte. Era inevitabile che i casi di Covid-19 crescessero in modo esponenziale. A spaventare non è tanto l’aumento dei casi, ma del numero dei pazienti che necessitano di ospedalizzazione: sono troppi, hanno quadri complessi e spesso hanno bisogno di terapia intensiva. È qui che si sta combattendo la battaglia del Piemonte, perché i posti si stanno esaurendo. La Regione lo ha messo nero su bianco, venerdì, in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: una richiesta d’aiuto, di medici, di materiali, perché è stato raggiunto il limite di tenuta del sistema. Lo dimostrano le misure prese la scorsa settimana: l’apertura dell’ospedale di Verduno, per accogliere pazienti positivi provenienti da tutto il Piemonte, e la chiusura di alcuni Pronto soccorso, con l’obiettivo di reperire risorse e personale. Sette gli ospedali coinvolti: Giaveno, Nizza, Borgosesia, Venaria, Lanzo, Ceva e Bra: venerdì è stato sospeso il servizio di emergenza.

Assessore, come si è arrivati alla decisione di chiudere sette Pronto soccorso, tra cui quello di Bra?

«È stata una scelta obbligata dell’Unità di crisi. La nostra Regione ha fatto sforzi enormi per aumentare i posti di terapia intensiva, che sono passati da 287 ai 500 attuali. Ma non è bastato: la curva epidemica del Piemonte ha continuato a crescere e oggi siamo molto vicini alla saturazione. Ecco spiegata l’urgenza di chiudere quei Pronto soccorso con gli accessi più bassi. Ci saranno altre chiusure. Il senso è uno solo: tutti i piemontesi, con o senza il coronavirus, devono avere le cure. Ma, se non prendiamo decisioni forti, c’è il rischio che qualcuno rimanga fuori».

Verduno servirà a sgravare il carico su altri ospedali?

«Certo, sarà importantissimo, ma bisognerà vedere quanti posti riusciremo ad attivare. Il problema è che mancano attrezzature, a causa di situazioni paradossali. Come i 5mila caschi per la ventilazione che il Piemonte ha ordinato, ma che sono stati bloccati da Roma e distribuiti tra tutte le regioni. Risultato? A noi ne sono arrivati appena 200: sono episodi che non devono ripetersi».

Perché in Piemonte i casi stanno crescendo così velocemente, con una percentuale di ospedalizzati molto alta?

«Stiamo vivendo le conseguenze di una settimana di apertura, quando la Lombardia era già chiusa. Ma era evidente che la situazione era destinata a peggiorare: per questo, fin da subito, abbiamo chiesto al Governo di bloccare almeno le province confinanti con la Lombardia, cosa che purtroppo è avvenuta troppo tardi, perché nel frattempo si è diffuso il contagio. Inoltre, l’età media dei contagiati piemontesi è alta, perché spesso si tratta di focolai partiti da ambienti frequentati da anziani, i più fragili al virus».

Perché in Piemonte si sono fatti pochi tamponi?

«Il nostro comitato scientifico, costituito dal gotha dei medici piemontesi, si attiene a quanto previsto dalle linee guida dell’Istituto superiore di sanità. Fare i tamponi su soggetti asintomatici non è attendibile, dal momento che potrebbero aversi falsi positivi o falsi negativi. L’unica categoria su cui eseguiremo test a tappeto, con una linea di priorità, sono i 55mila sanitari che operano sul territorio».

Assessore Icardi, dagli ospedali ai medici, dalle farmacie ai volontari, tutti lamentano la grave carenza di dispositivi di protezione?

«Proprio venerdì 20 marzo abbiamo distribuito tra le Asl oltre 53mila mascherine chirurgiche, 900 tute protettive, 1.440 camici, oltre 4mila mascherine Ffp2, ma anche guanti, calzari e cuffie. Sono attrezzature non facili da reperire: per le mascherine, di certo ci saranno molto utili quelle della Miroglio, prodotte per noi. Dal momento che parliamo di dispositivi di protezione che scarseggiano, nel distribuirli diamo la precedenza ai dipendenti pubblici. I medici di famiglia sono liberi professionisti anche se convenzionati, mentre le farmacie e le Rsa sono enti privati: se ne avessimo molti, ne distribuiremmo a tutti, ma dobbiamo fare delle scelte. Quando possibile, poi, interveniamo in tutti gli ambiti, come per le 10mila mascherine che abbiamo già destinato ai medici di famiglia e le altre 10mila per i farmacisti».

Assessore, il nostro sistema sanitario è in crisi?

«In Piemonte, come nel resto d’Italia, i tagli degli ultimi dieci anni ci hanno portato alla situazione attuale. Nel nostro Paese, abbiamo 3,7 posti letto ogni 1.000 abitanti. In Germania sono 6, quasi il doppio. La nostra edilizia sanitaria è disastrosa: mancano strutture, attrezzature e tutto ciò che può servire per reggere un’emergenza. Quando tutto sarà finito, bisognerà lavorare molto per tutelare davvero la nostra sanità pubblica».

Francesca Pinaffo

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