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Gardini, medico di Vascagliana amato dai poveri

IL PERSONAGGIO Giuseppe G. Tarabra, priocchese di nascita e bibliotecario della Reale accademia di Torino, rattristato dalla notizia della morte in San Damiano d’Asti del medico e scienziato Francesco Giuseppe Gardini appresa dalla Gazzetta piemontese del 5 agosto 1816, aveva deciso di scrivere un opuscolo ricco di «ampie notizie» per celebrare i meriti del suo antico maestro, in attesa dell’opera di un «tal amico» che, «prima di condursi in America, aveva promesso di scriverne e stamparne in Parigi l’elogio».

Facile intravedere, nell’anonimo amico di Tarabra, il botanico Carlo Bertero di Santa Vittoria, che proprio nel 1816 si era trasferito da Parigi a Guadalupa nelle Antille per studiarne la flora. A Gardini, suo insegnante di filosofia e scienze al collegio di Alba, Bertero aveva dedicato la propria tesi di laurea e anche una pianta da lui descritta per la prima volta in Cile, la gardinia purpurascens.

Gardini, medico di Vascagliana amato dai poveri
Edward Jenner fa una vaccinazione antivaiolosa

Tarabra, nella prudenza dell’età della Restaurazione, a proposito di Gardini, «senza entrare a toccare molto della sua vita privata, che menò qual vero filosofo indagatore de’ segreti della natura», ritiene «il suo più vero elogio (…) le opere da lui stampate, e le preparate non ancora uscite alla luce», sorvolando sulle incomprensioni, persecuzioni e anche violenze che lo scienziato sopportò nel corso della vita. Gardini, membro di prestigiose accademie scientifiche e vincitore di premi internazionali, studiò l’elettricità animale, fu in corrispondenza con Alessandro Volta, Luigi Galvani, padre Giovanni Battista Beccaria e il fisiologo Carlo Gandini; sperimentò e applicò con successo l’elettroterapia nella cura dei suoi pazienti. Della sua attività scientifica restano alcuni saggi e una lettera di Galvani del 1782, in cui il celebre studioso lo definisce «uno dei principali scopritori e illustratori» dell’elettricità animale.

Dopo la laurea, esercitò la professione medica a San Damiano e, dal 1783, per potersi dedicare più liberamente ai suoi studi, passò a insegnare filosofia e scienze ad Alba. Tenne la cattedra al collegio per circa trent’anni, e formò numerosi allievi alle scienze. Cultore di botanica, nelle pause della sua attività, si dedicava a studiare la flora del nostro territorio accompagnato da Bertero e dal nipote Giuseppe Camisola, che in seguito raccoglierà nella Flora astense le sue esperienze di erborizzazione. Dal 1765, seguendo le più moderne teorie mediche, prima ancora del vaccino di Jenner, Gardini aveva iniziato a operare sui malati di vaiolo la variolizzazione, cuoè l’inoculazione, nella persona da immunizzare, di materiale prelevato dalle lesioni provocate dalla malattia o dalle croste di pazienti non gravi. Il morbo, endemico nel Settecento, causava molte morti e sofferenze in Europa. Gratuitamente vaccinava i compaesani più poveri e invitava gli altri medici e chirurghi a diffondere la pratica. Visti i risultati positivi ottenuti, era chiamato popolarmente il “mago di Vascagliana”, la sua borgata di origine.

In un memoriale scritto in terza persona e ora conservato alla Biblioteca reale, lo stesso Gardini ricorda quanto pagò caro questo innocente soprannome: «I curati e altri preti tanto fecero che tante madri non volevano neppur lasciar vedere i figli ammalati di vajolo, per paura che il medico Gardini prendesse della marcia per inoculare, altri dicevano che vi era la scomunica, e che non si poteva assistere tanto chi praticava quanto chi permetteva una tale operazione venuta come essi dicevano dal diavolo! E a Monteu Roero un predicatore di quelli del Botton di legno fece tre prediche affermando nella prima che Gardini era un impostore, ma vedendo poi che il vajolo veramente spariva, ne fece un’altra nella quale provocò che era magia, un’arte demoniaca, e nella terza maledì il medico e lo chiamò scomunicato». L’intervento del vescovo di Asti monsignor Paolo Maurizio Caissotti di Chiusano lo salvò da gravi conseguenze, dandogli una temporanea tranquillità. Anche la dinastia sabauda col tempo si convinse della necessità dell’inoculazione vaiolosa e nel 1782 Gardini, su invito del re di Sardegna, nel castello di Govone assistette alla vaccinazione dei principi reali, fatta per sensibilizzare il popolo.

Gardini era già stato “attenzionato” dall’autorità ecclesiastica quando in gioventù, emulo di Franklin, aveva costruito sul campanile di una chiesa campestre di Vascagliana un rudimentale parafulmine. Durante un temporale, il cappellano del luogo «vedendo lampi e udendo tuoni» attorno alla spranga del parafulmine, aveva iniziato a pronunciare un esorcismo e toccò con l’aspersorio la sbarra, ottenendo una scarica elettrica tale da farlo stramazzare a terra tramortito. Il parroco di San Damiano, per questo fatto, gli negò le «fedi di buona condotta», allora indispensabili per proseguire gli studi, ma per fortuna il fisico padre Beccaria di Torino, ridendo dell’episodio, lo accolse senza problemi tra i suoi allievi all’università.

Anche l’elettroterapia causò non pochi grattacapi al povero Gardini. Dovette sostenere tre processi di fronte all’inquisizione. Nei dibattiti furono sentiti numerosi suoi pazienti come testimoni, che riferivano che «esso guariva, se però voleva, qualunque male disperato, e ciò con fuoco che faceva dai suoi diti (sic) o alcuni con parole e arti diaboliche». Nel 1799, dopo l’ingresso degli austro-russi in Piemonte, accusato di giacobinismo per aver assistito alcuni soldati francesi nell’ospedale cittadino, ebbe la casa di Alba devastata, fu allontanato dall’insegnamento e imprigionato alcuni mesi ad Asti. Fu riabilitato durante l’età napoleonica e divenne membro di alcune istituzioni che tutelavano la salute pubblica.
Tutti i biografi sono concordi nel dire che esercitando la medicina aveva un’attenzione particolare alle classi disagiate. Come testimonia Tarabra, indicava o procurava egli stesso «le erbe più opportune alle loro guarigioni senza che nulla avessero a spendere in medicinali. Avverso ad ogni farmaceutica preparazione, tutti ebbe gli speziali nemici, e vari medici ancora». Negli ultimi anni si ritirò, continuando le ricerche scientifiche, a San Damiano, dove si spense a 76 anni, accompagnato alla tomba «da cento e più poveri», che in vita aveva incessantemente beneficato.

Luciano Cordero

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