L’INTERVISTA Mauro Carbone è il direttore albese dell’ente turismo Langhe, Monferrato e Roero.
Carbone, come sta affrontando il comparto questo momento?
«Con molta rassegnazione, perché oggi il nostro settore non esiste: è vietato dalla legge. Siamo fermi, in attesa di capire come potrà evolversi la situazione. Ci sono tante domande a cui non è possibile dare una risposta e dalle quali dipende la ripresa del turismo: per esempio, quando l’allarme sarà rientrato, con quali modalità si potrà viaggiare da un Paese all’altro? I ristoranti potranno aprire come ora o dovranno adattarsi a nuove misure? Le manifestazioni pubbliche saranno ancora consentite? Di certo, come anticipato dal Governo, si ritornerà alla normalità attraverso diversi passaggi: la ripresa del turismo è subordinata alle normative che seguiranno, ai vincoli che verranno introdotti per tutelare la salute pubblica».
Per una realtà turistica come quella di Langhe, Monferrato e Roero, che ha registrato cifre record nelle ultime stagioni, che impatto può avere questo stop forzato?
«La nostra è una realtà in cui si è investito molto in turismo: il fermo di questi mesi probabilmente rivoluzionerà il nostro futuro immediato. La stagione primaverile e quella estiva sono già saltate: le uniche speranze sono riposte nell’autunno, che sarà molto diverso da ciò a cui siamo abituati. Se si riuscirà a ripartire, mancherà una fetta importante di visitatori stranieri, a partire dagli americani, le cui presenze sono cresciute in modo esponenziale negli ultimi anni. Anche alla luce dell’evoluzione dello scenario pandemico nel resto del mondo, non so quando potremo rivedere una presenza marcata di turisti dal mondo».
Nel decreto Cura Italia sono presenti una serie di misure per le imprese: sono sufficienti per chi lavora nel turismo?
«Assolutamente no. Se, terminato l’allarme coronavirus, un’azienda metalmeccanica potrà ripartire rispettando le misure di sicurezza, nel caso del turismo, dal momento che si basa su movimenti di persone, incontri e convivialità, la ripresa avverrà con tempi molto più dilatati. Nel frattempo, ogni giorno di fermo è una perdita per ristoranti, locali, hotel, bed&breakfast, agriturismi, negozi e tutto ciò che ruota attorno al nostro settore. Possiamo accedere al bonus di 600 euro e alla cassa integrazione in deroga, ma ci serve più liquidità per permettere alle nostre realtà di sopravvivere. E, in un territorio come il nostro, parliamo di almeno 1.500 strutture ricettive e di altrettanti ristoranti: un comparto attorno al quale ruotano in questo momento circa dodicimila addetti».
Come ente turistico, state già pensando a qualche strategia per il dopo-coronavirus?
«Al momento, l’unica strategia che abbiamo a disposizione è monitorare ciò che accade nel mondo. Appena l’allarme sarà terminato, si cercherà di individuare gli spazi da cui ripartire, con iniziative apposite. Sicuramente dovremo rivedere la nostra comunicazione, i nostri format e il nostro modo di proporci, in modo da aggredire gli ambiti in cui ci sarà spazio per ciò che offriamo. Agli addetti del settore verrà chiesto di reinventarsi: sarà una sfida non semplice, ma dovremo dare ancora più prova di grande resilienza».
f.p
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